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The Barbarian King: recensione dello spin-off Valeria

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Dopo quattro, epici e apprezzatissimi volumi della saga narrativa principale, dopo uno spinoff crudo, brutale e introspettivo dedicato alla strega Salomè, The Barbarian King, tra le serie di punta della poliedrica Leviathan Labs, torna a stupire e intrattenere con un altro spinoff dedicato a uno dei passati amori del barbaro più famoso della letteratura: Valeria, la piratessa guerriera della costa Stigiana.

Valeria: trama e personaggi

Il tempo, il decadimento corporeo e mentale, la gloria giovanile ormai perduta: sono tutti temi già esplorati con maestria nella serie principale con il Cimmero e che vengono riproposti, sotto una differente luce, anche con il personaggio di Valeria. Citando l’autore stesso, Marco Cei, Valeria “rappresenta il rimpianto. Di chi si rende conto che la propria vita è andata in una direzione, ma che, per mancanza della persona amata o per reazione alla stessa assenza, le cose potevano anche andare diversamente. E che, per scherzo del destino, o un karma, un fato non scritto, chiamatelo come volete… ora si trova a fare i conti con la possibilità di un nuovo confronto con la persona che direttamente o indirettamente le ha cambiato la vita”.

E lo vediamo, questo confronto: lo vediamo nel modo in cui Valeria reagisce nel momento in cui comprende che la sua strada e quella del Cimmero potrebbero riunirsi, nel modo in cui la cicatrice sembri tutt’ora aperta e sanguinante. Dapprima con indizi più sottili e indiretti, successivamente con un vero e proprio flashback del loro primo incontro, gli autori ci accompagnano tra le origini e gli sviluppi di questo rapporto che tutt’ora pesa sulle spalle ormai vecchie di Valeria.

Vecchie, forse, ma non certo stanche. Com’è evidente sin dalle prime pagine dell’albo, la piratessa è tutto fuorché in pensione: tra risse da taverna e missioni da mercenaria, Valeria si mantiene attiva e con una reputazione di tutto rispetto – che le vale, del resto, l’assunzione per l’avventura che la vede protagonista all’interno dell’albo. Ciò che è accaduto con il Barbaro l’ha ferita, ma non l’ha certo abbattuta. E quell’ostinazione, quella forza d’animo, quella risolutezza nell’andare avanti in un mondo aspro e spietato completa magistralmente il personaggio, spinge il lettore a interessarsi, affezionarsi, vedere fin dove Valeria sia capace di arrivare.

Un po’ com’era stato per Salomé, questo spinoff ci porta in lande completamente differenti, nel freddo Nord dell’ambientazione (Vanheim), immergendoci in ambiente innevate e cripte antiche di simil vichinga memoria. Un cambio di passo gradito (nonché, appunto, confacente a uno “stacco” narrativo come quello di uno spinoff), che dà al tutto un sapore fresco ed avvincente.

Valeria: i disegni e l’uso del colore

Lo stile visivo di Valeria si discosta piuttosto drasticamente da quello adottato nella serie principale, optando per un approccio leggermente più caricaturale. I volti sono più grandi, i lineamenti più esagerati e, in generale, meno tendenti al realismo eroico. Lungi da noi, comunque, definirlo un difetto: il tratto di Ramiro Borrallo è deciso, unico, e riesce a dar vita a scene, ambientazioni e soprattutto personaggi estremamente espressivi, quasi espressionistici, in grado di riflettere e rafforzare alla perfezione le emozioni, le atmosfere e le tematiche che la narrativa vuole e riesce a convogliare. Valeria non è una donna nel fiore dei suoi anni, come si è già accennato, e gli anni passati sul campo di battaglia non sono certo stati generosi con il suo viso un tempo grazioso. La premessa narrativa non viene tradita dai disegni, che non hanno “paura” di mostrare un lato della figura femminile che si è spesso restii a mostrare – soprattutto quando la figura in questione è quella della protagonista del racconto.

Ci sentiamo di riservare una nota di plauso anche all’uso dei colori, e di come questi vengano magistralmente utilizzati per riflettere e convogliare meglio determinati sentimenti, o corroborare la presenza e l’atmosfera gettata da un particolare personaggio. Esempio lampante e forse più evidente è la tinta di rosso sanguigno che “macchia” il bianco degli spazi aperti di Vanheim nelle vignette che vedono protagonista Atali, una figura intimidatoria e sensuale, brutale e bellissima, che quindi beneficia tremendamente di questa scelta.

In conclusione

Valeria è un altro centro nella lunga serie di successi che si sta dimostrando essere la serie di The Barbarian King. Introduce con maestria un nuovo personaggio sfaccettato, concreto e interessante, donandole in un sol colpo un’adrenalinica avventura personale tra i ghiacci del Nord e un ottimo anello di raccordo con quelle che saranno le future avventure del Barbaro, quando le strade dei due, inevitabilmente, si incroceranno di nuovo.

Alla prossima, Valeria.

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