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She-Ra e le Principesse Guerriere: la recensione (spoiler) della 5° stagione

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La stagione finale di She-ra e le principesse guerriere è forse tra i più illustri testimoni di quanto potente possa rivelarsi un lieto fine meritato; di come una corretta costruzione di quest’ultimo, operata sulle fondamenta del rispetto dei personaggi, permetta di ricontestualizzare un’esperienza narrativa dai già comprovati meriti in qualcosa di pienamente memorabile e genuinamente toccante.

Per quanto poco professionale suoni da scrivere e da leggere, questa quinta stagione di She-ra scalda il cuore. Nel risolvere organicamente e credibilmente conflitti dipanatisi su più stagioni, nel compiere le giuste scelte sulle spesso accidentate strade degli archi di redenzione, la serie ci concede di accantonare cinismo e incredulità, e di farci prendere per mano su un sentiero fatto di ottimismo, amicizia e amore. Lo fa con cautela, con rispetto e con un grado di maturità di cui, a dispetto della qualità delle stagioni precedenti, non credevo la serie fosse capace.



La redenzione è permessa, certo, ma non indiscriminatamente, non da un minuto all’altro e, soprattutto, non senza le dovute eccezioni. Il perdono nei confronti dell’atto sconsiderato e insensibile di un amico è concesso ma non prima che la propria (in questo caso più che legittima) rabbia nei suoi confronti abbia fatto, a seguito delle dovute scuse dell’altro, il suo naturale corso. Per quanto per sua stessa natura (di serie animata per ragazzi, s’intende) She-ra non possa certo permettersi approcci chissà quanto ambivalenti e sfaccettati ad aspetti enormemente complessi dei rapporti interpersonali, ciò che è stato mostrato in questa quinta stagione denota, da parte dai creatori, una fiducia e un rispetto non indifferenti nei confronti del loro pubblico più giovane, la cui stessa giovinezza viene troppo spesso usata come scusa per messaggi e insegnamenti di scialba o, talvolta, semplicemente pessima qualità.



Se non fosse ancora abbastanza chiaro, non è questo il caso di She-ra. Le “morali” che quest’ultima stagione, forte anche del build-up delle precedenti, è riuscita a trasmettere, sono messaggi semplici ma estremamente preziosi. Messaggi come Il tuo passato non è una sentenza: si può porre rimedio a tutto e scrivere la propria strada, se si è disposti a lavorare su se stessi, che nel caso del personaggio forse più approfondito della serie, Catra, ha implicazioni non soltanto sulle sue scelte passate, ma anche sulla costante ombra gettata dal tossico rapporto con la sua unica figura genitoriale.

Ma la soddisfazione e la completezza trasmesse da questo finale non scaturiscono solo dal lato tematico. Anche al di fuori del rapporto tra i personaggi, sono la trama stessa e il ritmo con cui questa viene condotta a determinare buona parte della godibilità di questa conclusione. Noelle Stevenson e il resto del team dietro She-ra ci presenta delle vicende che, fin dalla prima puntata, appaiono come parte di un grande, coeso, ben strutturato climax – un po’ come se quest’intera quinta stagione andasse a comporre una produzione univoca, quasi filmica nella consequenzialità delle vicende narrate.



Non c’è spazio per filler e storie di contorno prive di profitto narrativo: tutto è finalizzato all’obiettivo finale, mai perso di vista né dai creatori, né tanto meno dai personaggi. Merito in buona parte di quanto questo obiettivo – la sconfitta di Horde Prime – sia stato efficacemente presentato come un’impresa ai limiti dell’impossibile. Horde Prime è il conquistatore dell’universo, “l’imperatore galattico” di starwarsiana memoria, una figura che ha sconfitto chiunque gli si sia mai parato di fronte, compresi i “First Ones” tanto chiacchierati e mistificati dalle precedenti stagioni. Se a un curriculum del genere si aggiunge una personalità affabulatrice, sibillina, di un carisma inquietante e di una convinzione ferrea nella bontà delle sue terribili azioni si ottiene un cattivo facile da temere e da odiare, ma che al tempo stesso schiva i tropi più consunti associati al suo ruolo narrativo. Un cattivo talmente pericoloso, dalla visione talmente distopica e autoreferenziale da giustificare appieno l’unione delle forze non solo di vecchi amici, ma anche di vecchi nemici.

E nonostante ciò, nonostante la terribile grandezza di questa personalità tirannica, il vero apice di queste fasi finali è una battaglia, non è uno scontro testa a testa con Horde e le sue legioni di cloni, ma il coronamento degli archi narrativi di Catra ed Adora: la confessione e il successivo bacio tra le due, che ricontestualizza e valorizza ogni loro interazione, ogni loro miglioramento personale nel percorso che le ha portate fino a quel momento e a quel gesto.



Il potere dell’amore e/o dell’amicizia che sconfiggono il cattivo e salvano il mondo può spesso risultare un tropo forzato e abusato. Ma alla luce del tono della storia, della delicatezza con cui è stato covato il rapporto tra le due coprotagoniste (che Catra non fosse destinata a rimanere un’antagonista fino alla fine era ormai piuttosto palese) e del messaggio che la serie ha sempre voluto trasmettere, non ho vergogna né esitazione nell’affermare che She-ra si sia meritata questo finale. Un finale potente, importante, che riempie di fiducia e positività.

Che scalda il cuore.

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