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Film e Serie TV

Quarta stagione di Le Terrificanti Avventure di Sabrina

La quarta e ultima stagione di Le Terrificanti Avventure di Sabrina ha, in qualche modo, superato se stessa. Nel bene e nel male.

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È stato fatto notare già una volta, almeno su questi lidi, come Sabrina si stesse inevitabilmente avviando a diventare il nuovo Riverdale, ben noto al pubblico target (e forse ad un colpevole pubblico un po’ più cresciuto) per i suoi risvolti più o meno assurdi, più o meno coerenti con la trama e con la tendenza a lasciare attori bellocci a petto nudo per più del tempo necessario. Ebbene, terminata la quarta e ultima stagione, Le Terrificanti Avventure di Sabrina ha, in qualche modo, superato se stessa. Nel bene e nel male, più nel male che nel bene.

Eccovi dunque la recensione dello show di Netflix; attenzione agli spoiler!

Sabrina, quarta stagione: trama dichiarata e trama effettiva

La terza stagione ci aveva lasciati con non una, ma ben due Sabrine: una Morningstar, figlia di Lucifero, a tirare le fila dell’inferno, e una Spellman a godersi la vita da adolescente media nel regno mortale. Se un capo della trama è quindi tirato da due copie della stessa streghetta dal dubbio senso della morale, che potrebbero da sole gettare l’intero universo nel caos (l’esistenza di due Sabrine è di per sé un paradosso temporale), dall’altro l’inarrestabile Father Blackwood si è fatto ancora una volta portatore di sventure, dopo aver richiamato orrori eldritchiani tra i mortali.

Messi di fronte ad un pericolo apparentemente ben più grande di maghi, streghe, demoni e re infernali, i due universi, capitanati dalle due Sabrine, si ritroveranno inevitabilmente a dover accettare più di un compromesso per respingere terrori cosmici antichi quanto il tempo stesso.

Con questi, pochi, brevi punti salienti si potrebbe dire pienamente riassunta la trama della serie. Peccato che il focus della serie si sia, per buona metà dell’intera stagione, spostato su tutt’altro. Sì, gli orrori eldritchiani sono arrivati, con l’episodica cadenza del “fuori uno, dentro il prossimo”, Father Blackwood in pole position ad annunciarli uno dopo l’altro; esattamente come gli interessi e i ritorni amorosi di Sabrina.

Sono proprio questi interessi, questi ritorni e questi conflitti sentimentali a dettare inizialmente il ritmo alla serie. In fondo, cosa sono degli esseri in grado di far sparire l’universo, se paragonati ad un’adolescente single?

La nostra opinione – I difetti

Per quanto ogni singolo episodio della quarta stagione di Sabrina meriterebbe probabilmente un paragrafo a sé per essere decostruito (e demolito) un pezzettino alla volta, sottoporre un lettore ignaro ad un supplizio simile e porsi quesiti senza risposta sarebbe oltremodo crudele. Sarà quindi il caso di ridurre le domande ad una sola: perché?

Opere lovecraftiane abusate

Perché sporcare la magnificenza di concetti e opere lovecraftiane, che hanno ispirato capolavori, almeno fino al giorno prima del concepimento di quest’ultima serie di Sabrina, e ascriverli al ruolo di “cattivo della settimana” per amor di trash e dramma adolescenziale? Perché in fin dei conti, episodio dopo episodio, una soluzione campata in aria dopo l’altra, il serpente si morde la coda e il circolo ricomincia da capo. Sabrina ha 16 anni, è sola, vuole un fidanzato perché tutti i suoi amici sono accoppiati, arriva l’orrore cosmico (discutibile) dallo spazio, viene messo sott’olio in quindici minuti ma Sabrina ha sempre 16 anni, è sempre sola e vuole pur sempre un fidanzato.

Perché ridurre un concetto come l’Oscurità (o la Nebbia) Senza Nome, semplice Oscurità per amici e parenti, ad una decina di minatori morti armati di piccone che sgambettano allegramente per Greendale spegnendo le luci e, solo se approcciati, in grado di uccidere per soffocamento? Perché ridurre un concetto così ampio ad una pozzanghera nelle miniere?

Ve lo diciamo noi, perché: perché Sabrina possa entrare in questa pozzanghera, avere dubbi sui suoi rapporti con le persone che la circondano (“ho 16 anni, sono da sola, nessuno mi vuole veramente bene, voglio un fidanzato”, l’avete già sentito da qualche parte?) e riscoprirsi inaspettatamente fan numero uno di se stessa (complice il fatto di avere un clone uguale a lei in tutto e per tutto) e di non aver bisogno di nessun altro. Questo fino all’episodio successivo, in cui i problemi saranno irrimediabilmente gli stessi, solo che l’orrore non sarà più una pozzanghera, ma un ometto dismesso che vive per strada e vuole solo un pasto caldo e una pacca sulla spalla. Alla faccia dell’orrore cosmico.

La protagonista

Opinioni sull’utilizzo improprio di elementi lovecraftiani a parte, la stessa protagonista non è esente da critiche. Sabrina – non Kiernan Shipka, l’attrice, che, poverina, fa solo il suo lavoro – arrivata a quasi diciassette anni non sembra aver ancora capito che le proprie azioni hanno delle conseguenze; complice anche il fatto che qualunque conseguenza delle sue azioni, per quanto catastrofica sulla carta, sia semplicisticamente risolta dal provvidenziale lampo di genio di Ambrose, allineamento cosmico favorevole, gara di canto o matrimonio in corso.

“Impossibile”, dirà, chi sta leggendo quest’opinione e non avrà visto la serie. “Ci puoi scommettere, invece”, sarà la triste risposta.

Ma che ci crediate o no, gli scrittori se ne sono resi conto! Alla fine. A serie non rinnovata. E quindi hanno fatto pagare la più grande e la più grave delle conseguenze a Sabrina. In modo quasi totalmente ingiustificato. Ma hanno fatto comunque in tempo a trovarle un fidanzato che stia con lei per sempre.

“Dopo quanto abbiamo letto finora? Impossibile”, dirà, chi sta leggendo questa recensione e non avrà visto la serie e sarà arrivato fin qui a leggere. “Ci puoi scommettere di nuovo, invece”, sarà la ancor più triste risposta.

La trama

In generale, Sabrina poteva essere gestito molto meglio a livello di trama e di avvenimenti: la consequenzialità degli orrori da affrontare è fine a se stessa fino all’ultimo e non viene data loro rilevanza per più di un episodio a testa (a parte il più grande e il più grave, chiaramente, a cui viene dedicato ben un episodio e mezzo). Certo, con otto episodi e otto orrori eldritchiani cos’altro si poteva fare? La serie non corre, vola pur di comprimere tutto in questi soli otto episodi, e la fretta è purtroppo la causa di una gestione della trama e degli avvenimenti che di stellare ha ben poco.

L’immancabile episodio di musical (o canto), che nella stagione prima si era concretizzato con lo spettacolo delle cheerleader della Baxter High è, in qualche modo, ancora più insopportabile e allo stesso tempo più irrilevante del precedente. Sabrina Spellman ha sempre una soluzione: non si sa come, non si sa perché, ma le sue soluzioni, per quanto sulla carta sciocche e inconsistenti, per qualche motivo funzionano.

La nostra opinione – i pregi

Dopo quanto appena scritto, sembrerà assurdo che la quarta serie di Sabrina possa avere dei pregi. Ma se una serie simile fosse un disastro fatto e finito, non ci sarebbe stato motivo per arrivare in fondo ad otto episodi interi.

Gli attori

In primis, gli attori: gli immancabili membri della famiglia Spellman e Miss Wardwell / Lilith sono probabilmente le presenze che più spezzano una lancia in favore di questo show. Michelle Gomez (Miss Wardwell / Lilith), Lucy Davis (zia Hilda), Miranda Otto (zia Zelda) e i loro personaggi, a cui è estremamente facile affezionarsi, sono senza dubbio tre buoni motivi, tra gli altri, per non buttare alle ortiche non solo una stagione, ma un’intera serie.

Impossibile non menzionare, in termini di attori e personaggi, il ritorno come guest star di tre anime care a chiunque abbia visto lo show televisivo di Sabrina, Vita da Strega. Ebbene sì: chiunque si sia lamentato, ancora alla prima stagione, che Salem non fosse più il pupazzo parlante di un gatto, ma un gatto vero, può mordersi la lingua e mangiarsi le mani, perché Salem-peluche è stato promosso a niente meno che terrore eldritchiano. Assieme a lui, fanno la loro comparsa le zie Hilda e Zelda della serie Sabrina, Vita da Strega nello stesso episodio, ambientato in un universo alternativo. Quindi tutti a bordo sul treno della nostalgia e lasciate che questa serie vi strappi un sorriso sincero. Almeno uno.

Le ambientazioni

In seconda posizione, il setting. The Chilling Adventures of Sabrina è indubbiamente uno show né carne, né pesce, un teen drama a tema horror sovrannaturale, esattamente come Riverdale è un teen drama con elementi thriller. Ciò che Sabrina fa indubbiamente meglio di Riverdale sono gli sfondi, i luoghi e la scenografia: la parte di realizzazione dei fondali, degli ambienti, delle luci risulta efficace anche agli occhi di qualunque profano del cinema e della regia. Insomma, la parte di “estetica horror” è molto più credibile e molto meglio realizzata della parte “teen drama” e, se alla lunga i problemi sentimentali di Sabrina stancano, di certo non stancano gli ambienti e le atmosfere dark del setting di Greendale.

Frustrazione post fine serie a parte, resta l’immancabile certezza che Sabrina sia una serie conscia delle sue insensatezze, dei suoi artifici narrativi, del peso sbilanciato verso il teen drama assurdo piuttosto che verso una vera e propria serie horror. A rimarcare questo fatto, c’è l’incontestabilmente consapevole battuta di Caliban versione alternativa, nell’universo sitcom già precedentemente citato, che, non più attore, ma parte della crew a supporto della regia ammette di poter se non altro decidere autonomamente quando sia il caso di togliersi la maglietta.

Dunque, se tra le intenzioni iniziali c’era un deragliamento controllato da horror a teen drama, a molto teen drama e poco horror, Sabrina ha certamente rispettato quanto si è proposta di fare. E uno show coerente con se stesso non può che essere debitamente elogiato per essere, se non altro, costante con ciò che vuole offrire al pubblico.

Le Terrificanti Avventure di Sabrina, quarta stagione – sì o no?

Non si può dire che il tempo dedicato alla visione della quarta stagione di Sabrina sia stato tempo buttato. Paragonare Sabrina a Riverdale è forse offensivo nei confronti di Sabrina (per certi versi, lo è nei confronti di Riverdale, data l’imminente uscita di una quinta stagione), o forse no. Sono state ore di una qualità discutibile, buona per gli occhi, un po’ meno buona nel momento in cui si è tentato di applicare semplici nessi logici alle immagini che scorrevano sullo schermo. A cervello acceso, la quarta stagione delle Terrificanti Avventure di Sabrina è stato un viaggio tribolato. A cervello spento, d’altro canto, si è trasformata in un guilty pleasure di notevole rilevanza.

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Anime e Manga

Empire Of Shit: il film (italiano) in collaborazione con Shintaro Kago – Intervista al Regista

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Empire Of Shit: È italiano il nuovo film in collaborazione con il mangaka Shintaro Kago, autore di “Principessa del castello senza fine”, “Fraction”, ”Anamorphosys” e tanti altri titoli cult per i fan del genere.

Il regista infatti è Alessio Martino: Salerno, classe ‘2000, laureando in Cinematografia presso l’accademia delle Belle Arti di Napoli.

Questa storia inizia nel 2021, quando Kago e Martino incrociarono le loro strade grazie alla partecipazione di quest’ultimo al Contest Cinematografico Unco Film Festival, in cui il famoso mangaka partecipava in qualità di organizzatore e giudice. Martino presentò allora il suo corto “Brief Clisterization of Ideology”, ambientato in un mondo distopico, con la quale si aggiudicò il secondo posto.

Un anno dopo, nel 2022, Martino partecipò nuovamente al concorso con il film “The Formidable Wave that Destroyed and Recreate the World”, aggiudicandosi questa volta il primo premio: la merda d’oro.

Vi è infatti un tema comune in queste opere: la merda.
Ed è infatti da questa idea, che Martino presentò a Kago nel 2023, che nasce The Empire of Shit.

La trama è apparentemente molto semplice:

Una giovane donna desidera che le sue feci abbiano un profumo gradevole, e il suo desiderio si avvera. Questo scatena la cupidigia del suo fidanzato, che vede un’opportunità di lucro in questa straordinaria qualità, trasformando una situazione intima in un’impresa commerciale bizzarra e surreale. Ci sarà però un’escalation di eventi, che porterà ad un finale inaspettato.
Se tutto ciò vi ha incuriosito: non sentitevi soli, anche noi vorremmo sapere di più su cosa aspettarci, e proprio mossi da questa curiosità, abbiamo intervistato Alessio Martino, il regista di Empire of Shit.

Ciao Alessio, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista, perdonami ma la peculiarità del progetto mi porta a saltare alcune domande di rito e passare direttamente a questa:

alessio-martino-regista-di-empire-of-shit-con-shintaro-kago


Perché la Merda?

Ed è questa la domanda che ogni autore vorrebbe sentirsi porre. Scherzi a parte, sia io che Kago abbiamo molto a cuore il tema della merda perché nessuno gli dà il giusto peso. Che sia una commedia o uno Splatter la merda finisce sempre per essere del grottesco fine a se stesso ma fermandoci a riflettere sopra la materia di scarto ci si può trovare una grande fonte di riflessione.

Qual è il processo creativo dietro le scelte più audaci, sia visivamente che a livello narrativo?

Il divertimento. Quando il progetto è nato c’era una sola idea chiara in ballo: un Gojira fatto di cacca. Questo è uno di quei progetti dove il perno centrale su cui tutta questa macchina deve muoversi è proprio il divertimento. Dai costumi alla recitazione, tutto deve essere motivato dalla voglia di sperimentare e divertirsi su qualcosa che non si prenderà mai abbastanza sul serio… e forse proprio per questo sarà molto più seria di quanto essa stessa crede.

Hai lanciato una campagna indiegogo per finanziare questo progetto: qual è il tuo end-goal?  

Prendere i soldi e scappar… cioè! volevo dire, realizzare un lungometraggio. Anche se sembra un’impresa titanica il goal finale sarebbe quello di poter estendere la durata del film al punto tale da darle un corpo vero, e con esso verrebbero tutte quelle fantastiche chicche in più, come la storia manga prequel disegnata da Kago

Come hai attirato l’attenzione del Maestro Kago?  

Ma, di per sé è stato un evento molto organico. Ero a Lucca Comics per girare un documentario, lui era lì come ospite e gli ho semplicemente chiesto di prenderci una birra insieme (le birre alla fine furono molto più di una). Da lì Kago mi ha dichiarato tutto il suo interesse nel voler dedicarsi da anni ad un progetto cinematografico senza avere però mai il tempo per poterlo fare effettivamente. E da quì è arrivata la mia proposta…

Quanto influisce la presenza del mangaka sulla produzione del film?  

Tantissimo. Sotto ogni aspetto. Il progetto senza di lui non esisterebbe proprio. Tutto l’aspetto visivo della fabbrica, dei mostri (Coff, coff… scusatemi per lo spoiler), della palette cromatica e del taglio narrativo è tutto frutto della sua vena artistica che noi come troupe stiamo concretizzando. 

arte-ufficiale-firmata-shintaro-kago-per-il-film-empire-of-shit

Che emozioni pensi scaturirà il tuo corto nel pubblico?  

Così come ti dicevo riguardo il processo creativo, io spero diverta. Spero davvero che lo spettatore si senta annichilito da tutta la follia che gli verrà tirata addosso e che l’unica cosa sensata che si senta di fare sia ridere. Se poi restassero shockati e traumatizzati al punto tale da volerci denunciare, beh se la vedranno con i legali miei e di Kago!!

Posso avere anche io dei gadget?  

No. Scherzo! Se la campagna supererà il goal base, ci saranno belle sorprese per tutti i donatori, ma non posso dire altro ora.

Ti ringrazio nuovamente per averci dedicato del tempo parlandoci del tuo progetto.  

Ma grazie a te per avermi dedicato il tuo. E come dice la nostra mascotte Mr. Unkoman: “Unko! Unko! Unko!”.

Cari lettori, non sappiamo esattamente cosa aspettarci, ma l’hype c’è, e sicuramente ciò che fa più piacere è vedere un talento emergente nostrano mettersi in gioco.

Potete anche voi finanziare questo progetto tramite la campagna indiegogo!

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Film e Serie TV

Il Padiglione sull’Acqua, un viaggio estetico e poetico nel rapporto tra Carlo Scarpa e il Giappone

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Il documentario Il Padiglione sull’Acqua è un viaggio, estetico e poetico, nell’immaginario
dell’architetto veneziano Carlo Scarpa e nella sua passione per la cultura giapponese.
Il Giappone rappresentò per l’architetto un universo ispirazionale ma fu anche il luogo dove
egli morì, nel 1978, all’apice della sua carriera, ripercorrendo misteriosamente i tragitti del
poeta errante Matsuo Bashō.

Attraverso le impressioni suggerite dal filosofo giapponese Ryosuke Ōhashi, la narrazione si
sviluppa lungo il filo di una domanda, la domanda sul senso della bellezza. La possibilità̀ di
questa riflessione accomuna qui le opere scarpiane e l’estetica tradizionale giapponese.
Venezia, nella veste di porta verso l’Oriente e luogo di nascita di Scarpa, e l’esplorazione
incantata delle sue opere, sono l’occasione per rievocare la poetica ed episodi emblematici
della vita dell’architetto.

Essi sono restituiti attraverso le parole del figlio Tobia, dagli allievi Guido Pietropoli, Giovanni Soccol e Guido Guidi, e dal ricercatore J.K. Mauro Pierconti. Un sentimento di nostalgia colora tutta la narrazione. Una nostalgia per quell’evento raro che è la nascita di un artista. Seppur ora abbia abbandonato questa terra, lascia in dono le sue opere e la meraviglia che esse tuttora suscitano.

Carlo Scarpa il Giappone

Carlo Scarpa amava definirsi «bizantino nel cuore, un europeo che salpa per l’Oriente» e proprio come l’artista veneziano, Stefano Croci e Silvia Siberini viaggiano attraverso le ispirazioni nipponiche che lo hanno guidato nella sua costante ricerca del senso della bellezza.

Per farlo, in Il padiglione sull’acqua si fanno guidare dalle ispirazioni del filosofo Ryōsuke Ōhashi e dalle testimonianze del figlio Tobia Scarpa, degli allievi Guido PietropoliGiovanni Soccol e Guido Guidi, del ricercatore J.K. Mauro Pierconti, degli artigiani Paolo e Francesco Zonon e della maestra di ikebana Shuho Hananofu.

Nel 1978 Carlo Scarpa tornò in Giappone. Nessuno sa con precisione quali fossero i suoi intenti. Il celebre architetto giapponese Arata Izosaki ha ipotizzato che stesse ripercorrendo le stesse tappe del poeta errante Matsuo Bashō, riportate nel diario di viaggio Lo stretto sentiero verso il profondo nord, ma purtroppo morì a seguito di una tragica caduta e non raggiunse mai la meta anelata.

Lasciò incompiute delle opere, che lo resero ancora più celebre, come il Memoriale Brion a San Vito di Altivole in provincia di Treviso, scelto anche da Denis Villeneuve tra le location del prossimo capitolo di Dune.

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Film e Serie TV

Constellation: svelato il trailer del nuovo thriller psicologico con Noomi Rapace e Jonathan Banks

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Apple TV+ ha svelato il trailer di “Constellation”, il nuovo thriller psicologico composto da otto episodi intepretato da Noomi Rapace (“Millennium – Uomini che odiano le donne”, “Non sarai sola”, “Lamb”, “Seven Sisters”) e dal candidato all’Emmy Jonathan Banks (“Breaking Bad”, “Better Call Saul”). La serie farà il suo debutto su Apple TV+ il 21 febbraio con i primi tre episodi seguiti da un episodio a settimana, fino al 27 marzo.

Creata e scritta da Peter Harness (“Il commissario Wallander”, “The War of the Worlds”), “Constellation” ha come protagonista Noomi Rapace nel ruolo di Jo, un’astronauta che torna sulla Terra dopo un disastro nello spazio e scopre che alcuni pezzi fondamentali della sua vita sembrano essere scomparsi. La serie è un’avventura spaziale ricca di azione che esplora i lati più oscuri della psicologia umana e segue la disperata ricerca di una donna nel tentativo di svelare la verità sulla storia dei viaggi spaziali e di recuperare tutto ciò che ha perso.

Cast Constellation

Nel cast della serie figurano anche James D’Arcy (“Agent Carter”, “Oppenheimer”), Julian Looman (“Emily in Paris”, “Mallorca Crime”), William Catlett (“A Thousand and One”, “Coppia diabolica”), Barbara Sukowa (“Passioni violente”, “Hannah Arendt”) e con la partecipazione di Rosie e Davina Coleman nel ruolo di Alice. Diretta dalla vincitrice del premio Emmy Michelle MacLaren (“Shining Girls”, “The Morning Show”, “Breaking Bad”), dal candidato all’Oscar® Oliver Hirschbiegel (“La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler”, “The Experiment – Cercasi cavie umane”) e dal candidato all’Oscar® Joseph Cedar (“Footnote”, “Our Boys”).

Produzione

Prodotta da Turbine Studios e Haut et Court TV, “Constellation” è prodotta esecutivamente da David Tanner (“Small Axe”), Tracey Scoffield (“Small Axe”), Caroline Benjo (“No Man’s Land”), Simon Arnal (“No Man’s Land”), Carole Scotta (“No Man’s Land”) e Justin Thomson (“Liaison”). MacLaren dirige i primi due episodi ed è produttrice esecutiva insieme a Rebecca Hobbs (“Shining Girls”) e al co-produttore esecutivo Jahan Lopes per conto della MacLaren Entertainment. Harness è produttore esecutivo attraverso la Haunted Barn Ltd. La serie è stata girata principalmente in Germania ed è stata prodotta da Daniel Hetzer (“Monaco – Sull’orlo della guerra”) per Turbine Studios, Germania.

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