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Recensione Japan Sinks 2020 (senza spoiler)

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Per prima cosa, tanto per togliermi d’impaccio, ve lo dico subito: in Japan Sinks 2020 muoiono tutti, o quasi, e sì il Giappone sprofonda. Ma davvero non c’è futuro per il Paese del Sol Levante? E chi scamperà a questa tragedia? Non vi resta che vedere l’anime per scoprirlo.

Detto questo partiamo con la recensione di questo nuovo adattamento Netflix. Japan Sinks 2020 è liberamente tratto dal romanzo Nihon Chinbotsu (Il Giappone sprofonda), dello scrittore giapponese di fantascienza Sakyo Komatsu (1931 – 2011). Il romanzo aveva già ispirato diversi adattamenti per la tv, ma adesso è arrivato anche l’anime, che però è ambientato ai giorni nostri (non negli anni ’70), il che rende tutto più drammatico e tragicamente verosimile.

L’anime di Japan Sinks 2020 è stato realizzato dallo Studio Science Saru, sotto la direzione di Masaaki Yuasa, Naoya Wada ha creato i characters e Kensuke Ushio ha composto le musiche.



Japan Sinks 2020: la trama

Come vi dicevo all’inizio, questo anime ha un coefficiente di mortalità davvero alto e non ci si potrebbe aspettare niente di diverso dato le proporzioni del disastro naturale che vede coinvolto il Giappone. Cataclisma previsto solo da un pilota di sottomarini, a cui però nessuno ha dato ascolto, almeno fino al momento della tragedia.

Gli episodi sono 10, non c’è tempo quindi per partire in sordina e allora ecco che in pochi minuti dall’avvio dell’anime una violenta scossa sconquassa la città, poi un’altra e un’altra ancora. I danni sono già enormi.

Viviamo questi drammatici momenti attraverso gli occhi di Ayumu Mutō, una ragazzina delle medie, campionessa di atletica, che nei primi episodi dimostra di essere emotivamente e psicologicamente immatura per affrontare ciò che sta accadendo e scappa lasciandosi le sue compagne alle spalle.

Non avrebbe vinto certo il premio per la solidarietà, ma possiamo capire anche lo shock dovuto al drammatico succedersi degli eventi. Il suo sarà anche il personaggio che maturerà di più nel corso degli episodi, il che la risolleva da una partenza che non ne ha dipinto le qualità migliori.



Per fortuna la famiglia Mutō è scampata a questo primo disastro e i 4 si ritrovano in cima ad un tempio, ma purtroppo non c’è un attimo di sollievo, perché l’acqua si sta alzando e rischia di bloccare loro ogni via di fuga. Insieme ad altri sopravvissuti la famiglia cerca riparo spostandosi in un’altra località. Ma come c’era da immaginarselo le catastrofi spesso fanno venire fuori il peggio delle persone e insieme ad atti di sciacallaggio e violenza si creano le prime divisioni interne al gruppo su che strada intraprendere.

Restare uniti è il solo modo per sopravvivere, ma in una situazione incerta chi è dalla parte giusta? Il gruppo si spacca e i Mutō seguiti da pochi altri si dirigono sulle montagne. Anche qui orientarsi è molto difficile, perché a causa del terremoto la topografia è cambiata, creando paesaggi nuovi e sconosciuti, sui quali incombe minaccioso il Monte Fuji.

La famiglia attraversa un Giappone ormai disabitato, fatto di case distrutte e corpi abbandonati ai lati della strada. Ogni personaggio affronta questo momento cercando di trovare il coraggio per fare il prossimo passo, per non fermarsi in quell’angolo di nulla.



I personaggi

Kōichirō Mutō, il padre di Ayumu e Gou, cerca di tenere alto il morale e di proteggere la famiglia, procurandosi acqua e cibo. E anche Mari, sua moglie, nonostante i diverbi con la figlia, cerca di motivare il gruppo e non perde occasione per rendersi utile.

Gou è un ragazzino amante dei videogiochi, poco abituato ad uscire e si lamenta spesso, e deve essere continuamente spronato dai suoi genitori per andare avanti, ma in quella piccola comitiva non manca certo l’affetto e la solidarietà reciproca.

E intanto sui loro cellulari arrivano le drammatiche immagini del Giappone che a poco a poco sta scomparendo nel mare. La loro casa non esiste più, dove possono andare? Gli altri Paesi stanno inviando navi per soccorrere i Giapponesi ed evacuarli dall’isola, ma faranno in tempo a raggiungere il porto?

Alla comitiva si aggiungerà anche Kite, un famoso youtuber, la cui presenza sarà essenziale per il viaggio. È un personaggio ben costruito, empatico, ma non un ingenuo e decisamente determinato a sopravvivere, cercando di non lasciare nessuno indietro.

Nel proseguire degli episodi vedremo come i momenti di difficoltà tireranno fuori a volte il meglio, altre il peggio delle persone, che lo spirito di sopravvivenza è un istinto forte, ma non assoluto, e che l’amore dei genitori per i propri figli non conosce limiti. Il disastro sarà occasione per cambiare prospettiva, per ricostruire i rapporti tra alcuni personaggi e per crescere e affrontare la vita con nuova consapevolezza, parola d’ordine: mai arrendersi!



Le fotografie

Mari porta con sé una macchina fotografica con la quale immortala di volta in volta le persone che incontrano e con le quali passano del tempo assieme. Nel drammatico e veloce scorrere degli eventi il gesto, così moderno, di scattare una foto vuole bloccare “l’attimo che fugge”, un secondo che non esisterà mai più, soprattutto perché non è detto che quelle persone ritratte ci saranno ancora.

La foto allora diventa un drammatico reportage di morte, un epitaffio scritto in anticipo, forse di anni, forse di giorni. Ma il ricordo di quelle persone rimarrà impresso nei cuori di chi in quel momento c’era, e che forse alla fine di tutto potrà dire: “Anche grazie a queste persone sono sopravvissuto”.



Animazione

Lo Studio Science Saru ha fatto un discreto lavoro con l’animazione, plauso ad alcune sequenza che trasmettono il dramma della situazione, e che ricostruiscono con precisione quasi naturalistica il terremoto e lo sprofondamento del Giappone.

Minore la precisione nella fisionomia di alcuni personaggi, i cui lineamenti a volte sono appena abbozzati – anche se a volte può essere una scelta stilistica per rappresentare determinate emozioni. In ogni scena il dramma è protagonista, l’aria si fa via via sempre più opprimente, quasi a voler far vivere in prima persona allo spettatore l’immensità della tragedia. I colori sono tenui e in molte sequenze prevalgono i toni scuri, rendendo opprimenti il paesaggio, le case e perfino le persone.



Il genere drammatico/apocalittico

Japan Sinks 2020 non è il primo anime che parla di un disastro naturale, solo per nominarne uno simile ricordiamo Tokyo Magnitude 8.0 (anche qui sono due fratelli a dover affrontare la calamità). Questo anime ha il pregio di essere tanto più drammatico quanto più appare realistico, perché in ogni istante ci si domanda: “Ti immagini se succedesse davvero?” e lì il dramma diventa storia attuale, di tragedie più o meno grandi che hanno colpito anche negli ultimi anni il Giappone.

Ma lo scopo dell’anime non è tanto quello di raccontare gli effetti di un disastro naturale, quanto sottolineare che al dramma si può anche sopravvivere, con un po’ di fortuna e tanta determinazione.

Sarà davvero la fine del Giappone? Chi dei nostri protagonisti riuscirà a vedere un nuovo giorno?

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