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Recensione: Cursed, un altro buco nell’acqua

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Tutti, bene o male, conosciamo la leggenda arturiana. C’è chi è stato “svezzato” dal classico Disney, chi dalle centinaia di produzioni letterarie e cinematografiche sul tema. Una tradizione lunga centinaia di anni che dove essere rimpiazzata dalla nuova produzione Netflix: Cursed. O almeno, queste erano le promesse.   

Si sa, creare una serie tv fantasy che sia convincente e appassionante è un’impresa ardua, e fin’ora pochi ci sono riusciti, come Game of Thrones, Il Signore degli Anelli e The Witcher. Molto più spesso, invece, si finisce per ricadere nella trappola del trash e della banalità nonostante le ottime premesse, come in Luna Nera. Ebbene, nel caso di Cursed, sfortunatamente, è il secondo caso.

La serie è stata pubblicizzata per mesi, ed è stata descritta dagli attori e dai registi come “rivoluzionaria”. Il motivo? La storia è raccontata dal punto di vista non di Artù, bensì di Nimue, una donna. Una scelta rivoluzionaria e mai vista prima, solamente per chi non è familiare con le varie produzioni che si ispirano proprio al ciclo arturiano prima fra tutte Le Nebbie di Avalon, romanzo di Marion Zimmer Bradley del 1983 che racconta la leggenda proprio dal punto di vista delle protagoniste femminili. Libro in cui, tra le altre cose, troviamo anche la tematica della lotta per la sopravvivenza della cultura celtica contro la violenza del cristianesimo, ma di quello parleremo più avanti.

Quindi, dopo aver messo in chiaro che Cursed non ha effettivamente rivoluzionato nulla, vediamo di cosa parla.



La Trama

Cursed, come accennato prima, è una rivisitazione della leggenda arturiana, raccontata attraverso gli occhi di Nimue (Katherine Langford), una giovane eroina con un dono misterioso destinata a diventare la potente Signora del Lago. Dopo la morte della madre, sacerdotessa del popolo degli Sky Folk (appartenente ai fey, popolo mitologico tipico della tradizione pagana), trova un partner inaspettato in Arthur (Devon Terrell), un giovane mercenario, nel tentativo di trovare Merlino (Gustaf Skarsgård) e dargli un’antica spada consegnatale dalla madre in punto di morte. Nel corso del suo viaggio, Nimue diventerà un simbolo di coraggio e ribellione contro i Paladini Rossi, degli inquisitori ante litteram, e il loro complice Re Uther.



I problemi

Ho iniziato a vedere la serie con le migliori intenzioni, essendo appassionata sia di fantasy che di storie cavalleresche le premesse erano ottime. Eppure i problemi a livello di sceneggiatura si sono presentati già dal primo episodio. Nimue, come accennato nella trama, ha un dono misterioso, ed è per questo additata dagli abitanti del villaggio come una strega. Se inizialmente questa cosa sembra avere senso, presto ci si accorge delle enormi incoerenze interne. Pochi minuti dopo la sua introduzione infatti vediamo i capi della tribù invocare i loro dei attraverso un rito magico, e proprio questi dei scelgono Nimue come loro rappresentante (evocatrice).

Quindi, perché Nimue se usa i suoi poteri è una “strega” ma gli altri no? Viene infatti spiegato che lei è molto potente, fatto raro, ma che di per sé non giustifica questa ostracizzazione. Questo punto non viene mai chiarito appieno, e ci troviamo a chiederci perché Merlino, ad esempio, è considerato un grande mago mentre lei una strega maledetta.



I problemi continuano con l’avanzare della storia, nella quale veniamo introdotti pian piano allo scontro tra i Paladini Rossi, praticamente dei crociati contro il paganesimo, e i fey, popolo pacifico ma pagano, e in grado di usare la magia. La nostra protagonista, infatti, non appena va in città decide di fare sfoggio delle sue abilità magiche con degli estranei dall’aria poco raccomandabile per vincere una partita a dadi, mettendosi immancabilmente nei guai. Ci sarà un motivo valido, direte voi. Ebbene, no. Nimue non aveva bisogno di soldi, né di informazioni o altri mezzi, semplicemente le andava così. Non ci è dato sapere cosa l’abbia spinta a usare la magia in una città brulicante di persone che, come scopo nella vita, hanno quello di uccidere chiunque ne faccia uso.

Questa è solo una delle tante incongruenze, o azioni senza senso, dei protagonisti. Elencarle tutte vorrebbe dire fare una descrizione dettagliata di tutti gli episodi.



La regia e gli attori

Nonostante nella produzione siano stati coinvolti grandi nomi, il risultato finale risulta mediocre. Le interazioni fra i vari personaggi principali risultano forzate, anche a causa della scrittura, e poco credibili. La più grande delusione è stata Merlino, interpretato dal bravissimo Gustaf Skarsgård. Ci troviamo di fronte a un personaggio che sembra un mix male equilibrato tra Floki (interpretato sempre da Skarsgård in Vikings) e Capitan Jack Sparrow. Perennemente ubriaco, barcollante, vestito in maniera stravagante, ma allo stesso tempo geniale e carismatico. Manca solo la bottiglia di rum.

Una nota di merito va però a Sophie Harkness (sorella Celia) che, nonostante le poche e brevi apparizioni è riuscita a rimanere impressa come uno dei personaggi più profondi, e allo stesso tempo inquietanti, della serie.



Conclusioni

Cursed è una reinterpretazione del ciclo arturiano, è vero, ma è ben lontana da essere rivoluzionaria o dall’entrare nella storia. È una serie tv normale, spesso un po’ trash, da guardare senza troppo impegno e soprattutto senza pretendere molto. Praticamente un teen drama con le spade e la magia, spacciato per un high fantasy rivoluzionario. Insomma, non aspettatevi un capolavoro.

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