Da una settimana gira su internet un video – che per la verità si riferisce ad un fatto ormai dell’anno scorso – che ha lasciato molte persone senza parole per tanti motivi. Ma facciamo un po’ di ordine, perché non siamo qui a patteggiare per una parte o per l’altra, ma per affrontare un problema che ormai sta diventando dilagante: quello della mancanza di competenze digitali che grandi e piccoli dovrebbero avere quando sono online. In questo caso stiamo parlando di analfabetismo videoludico.
Partiamo da questo punto: siamo in un mondo immerso nella tecnologia digitale e tanti credono che basti essere “nativi digitali” per saper muoversi in questo universo costellato di tante cose bellissime e di tanti pericoli. E i genitori dei più giovani, la maggior parte delle volte, non si preoccupano di “studiare” i videogiochi, soprattutto online, che usano i propri figli. Non ne conoscono le dinamiche e si limitano a stare attenti che il figlio non subisca “violenze”, e qui nascono tutta una serie di incomprensioni secondarie che a volte, come in questo caso, rischiano di esplodere.
Il caso scoppiato su Fortnite
Ma veniamo ai fatti e cerchiamo di capire che cosa è successo. Il videogioco in questione è Fortnite e all’inizio del video (che trovate in seguito) si sente un ragazzino che piange e poco dopo interviene prontamente a difenderlo la mamma, che si scaglia contro un altro ragazzino, colpevole di aver rubato degli oggetti al figlio – tutto questo ovviamente tramite microfono e cuffie.
Rubato? Questo punto sembra essere stato chiarito da alcuni membri della community di Fortnite che hanno spiegato una meccanica della versione “Salva il mondo” che fa parte delle dinamiche a pagamento del gioco. Insomma il sistema permette agli utenti di scambiarsi oggetti acquistati con soldi veri – qui si potrebbe aprire un lungo capitolo in cui purtroppo ancora una volta la mancanza di controllo/conoscenza dei genitori è preoccupante – però pare che la modalità proposta da Epic Games non garantisca uno scambio sicuro, ma solo un semplice “io droppo l’item per terra, fai lo stesso anche tu e ce lo scambiamo”, che funziona bene se due sono già d’accordo o in buona fede.
Leoni da joystick e bullismo
Ovviamente i furbetti, o quelli che si credono tali, dietro un joystick (perché non ci sono solo i leoni da tastiera) sono da tutte le parti e l’adolescente che si proclama “il king” sta facendo lo scammer (truffatore) e/o il troll con un ragazzino più piccolo di lui, che certo non è simpatico, ma non giustifica l’intervento di un adulto che prende le parti del figlio in modo violento e diseducativo.
Ammesso e non concesso che di certo “il king” non è il paladino della giustizia, accettare che una madre possa insultare così pesantemente un minorenne online, senza conseguenze, crea dei precedenti pericolosi, perché a fare il bullo questa volta è stato l’adulto.
Il ragazzo più grande continuava a cercare di sdrammatizzare ripetendo che “è solo un gioco”, ma tutti lo percepiscono così? Un genitore che vede il figlio piangere cerca subito il cattivo e non pensa che forse quello che è successo poteva essere l’occasione per far crescere il figlio, fargli capire che è stato “fregato” e quindi agire più consapevolmente la prossima volta, ma questo avrebbe presupposto sapere come funziona il gioco e le dinamiche dei giochi online in genere.
E le parole della donna diventano ancora più pesanti perché dette accanto al figlio, che non sapendo come affrontare un problema reale in un mondo virtuale, ha chiamato in causa l’adulto: questo messo di fronte al problema senza capire come uscirne, dato che non è bastato mettere insieme l’accozzaglia delle sue conoscenze in merito (con termini imprecisi urlati a caso), è passata agli insulti. Insulti che non brillano certo per fantasia, ma che spaziano dall’omosessualità ai portatori di handicap, dall’infamare i genitori del ragazzo al razzismo, fino ad augurargli la morte, ponendo fine a qualsiasi tentativo di mediazione.
Analfabestismo digitale
Ma perché è successo? Primo perché dei genitori poco informati permettono a dei ragazzini, troppo piccoli e immaturi emotivamente e socialmente, di giocare online senza “addestrarli a farlo”. Dietro ogni avatar c’è una persona in carne ed ossa, che replica le dinamiche del mondo reale e a volte le estremizza, autorizzato, forse, anche dall’anonimato della rete. Ma i giocatori più piccoli lo capiscono? E i genitori sanno che ci sono giochi con target ben precisi e che quindi magari prima di comprarli al figlio bisognerebbe capire se fanno al caso suo?
Le mancanze in questa situazione sono state tante (da ambo le parti), ma forse non sono tutte così evidenti: quello che tanti vedono è una mamma che insulta un ragazzino su un videogioco online, quello che vedo io è una mamma che non ha strumenti per capire cosa stia succedendo e ingigantisce una litigata tra due ragazzini.
Nativi digitali senza competenze: l’analfabetismo videoludico
Il problema, che in molti sottovalutano, è che i cosiddetti “nativi digitali” a volte sono proprio delle schiappe per quanto riguarda la gestione della loro vita online e il fatto che abbiamo Instagram, Facebook o Tik Tok non assicura che sappiano usarli.
E i genitori, credendo che “tanto mio figlio è sveglio, è sempre lì che pigia al cellulare” non si preoccupano di aggiornarsi, di capire cosa fanno i figli in rete (o nei giochi online) e come lo fanno. A volte si limitano a un controllo superficiale, anche per mancanza di tempo o conoscenze.
Anche noi che scriviamo di cose nerd spesso lo facciamo solo per altri appassionati e non pensiamo che a volte dovremmo allargare la nostra platea e cercare di comunicare anche con i genitori, che dovrebbero essere i primi a fornire i più piccoli delle prime rudimentali competenze digitali per muoversi in rete.
Poche settimane fa su Fortnite si è svolto un concerto online evento, tra i più grandi e seguiti di sempre, e il pubblico ha potuto immergersi in un’esperienza di intrattenimento fuori dal comune: il mondo online è anche questo, condividere con gli altri le proprie passioni, divertirsi e stare insieme.
Ma forse questa è solo utopia e non ci resta che osservare il numero di analfabeti videoludici che si moltiplica a dismisura e il video ne è un chiaro, e triste, esempio.