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Psycho-Pass 3: First Inspector, la recensione (senza spoiler)

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In Psycho-Pass 3 ci erano stati presentati due nuovi ispettori assegnati alla Prima Divisione, il mentalist Arata Shindo e l’ex militare di origini russe Kei Mikhail Ignatov, uniti da un particolare legame – sarebbe stato infatti il padre del primo a uccidere il fratello del secondo, ma non ne sappiamo, come i protagonisti, ancora il motivo.

Decisi a scoprirlo i due lavorano insieme e dimostrano dai primi episodi una grande complicità e fiducia nell’altro. Durante la terza stagione avevamo inoltre scoperto l’attività di un’organizzazione segreta, tale Bifrost, i cui partecipanti detti “congressman”, utilizzano gli spazi vuoti e punti ciechi del Sybil System per fare affari e accrescere i loro profitti. In questa partita però c’è in gioco la vita e chi perde dovrà pagare il prezzo più alto.



Subito sotto i congressman, ci sono gli ispettori (ai quali sono assegnati dei numeri che rappresentano la loro posizione nella gerarchia), che sono una sorta di mano armata di questa organizzazione. Tra di loro, il numero 1 e più spregiudicato è Azusawa, che più che essere interessato ai complotti, sembra voler scoprire le verità sul Sistema Sybil che governa il mondo.

Ecco che il film (suddiviso in tre capitoli da 45 minuti l’uno) riparte proprio da qui, con il First Inspector, che dopo essersi infiltrato all’interno dell’edificio della Pubblica Sicurezza, cracca i sistemi di controllo e si impadronisce del palazzo, bloccando tutti al suo interno.

Inizia così il gioco orchestrato Shirogane e Homura (due congressman) che per un attimo faranno vacillare anche la volontà dei nostri protagonisti. Chiusi all’interno e attaccati dai prigionieri, ora liberi, e da robot da combattimento, la sopravvivenza per gli ispettori, gli esecutori e la governatrice Karina Komiya sarà una vera scommessa.



Anche questo capitolo di Psycho-Pass mostra una certa continuità narrativa con quelli precedenti e nel corso delle indagini fanno la loro comparsa anche vecchi protagonisti della serie.

La storia, che pure ha una sua autonomia rispetto ai capitoli precedenti, come sempre ruota attorno alla capacità del Sybil di giudicare lo Psycho-Pass delle persone e capirne così l’indole. Un sistema di azione preventiva da molti criticato, ma che garantisce un certo grado di pace alla società. Una pace non scontata però, che emargina ad esempio gli immigrati, che devono sottomettersi alle regole del sistema e non vengono accettati dai cittadini “autoctoni”.

Protagonista non secondaria è la musica che accompagna l’azione, in particolare durante gli scontri (voto positivo ai corpo a corpo che sono ben fatti, anche se mostrano una prestanza fisica dei personaggi a volte poco realistica). Molto bella la nuova opening intitolata “Synthetic Sympathy” di Who-ya Extended, mentre più semplice la ending song “Red strand” di Cö shu Nie.

Come sempre questo genere si apprezza se interessano le ambientazioni futuristiche e distopiche e se ci si prende del tempo per seguire i piani cervellotici e complottisti di alcuni personaggi. Ma resta spazio anche alla complicità tra amici, alla lealtà tra colleghi e non manca neanche un po’ di romance (che non è assolutamente centrale per la storia, ma serve per delineare meglio le relazioni tra i personaggi).

Un film che conclude sì la terza stagione, ma apre nuove possibilità per il futuro.

 

Lucrezia Melissari



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