La rivista giapponese Weekly Gendai ha pubblicato un articolo, intitolato “Più della metà dei giovani in Giappone sono otaku…cos’è cambiato nell’ultimo quarto di secolo?”, in cui viene descritta l’evoluzione dei fan di manga e anime.
Insomma, sempre più persone si considerano degli “otaku”, ma questa parola adesso va a comprendere diverse categorie. Ecco di seguito la traduzione integrale dell’articolo uscito sul sito giapponese.
Nel 1990, un sondaggio condotto da Shinji Miyadai nell’area metropolitana di Tokyo ha rivelato che il 13,4% dei giovani intervistati ha risposto “Sì” alla domanda “Sei un otaku?”. Indagini simili sono state realizzate nel 2005, 2009 e 2015, e la percentuale di giovani che ha risposto affermativamente è aumentata notevolmente, superando il 50% in quella più recente.
Se un giovane su due è un otaku, la categoria non ha più motivo di esistere. Per questo motivo, attualmente è molto difficile definire cosa significhi veramente essere un otaku in Giappone. Inoltre, per quanto riguarda il “grado” di consumo di manga, anime e videogiochi, c’è stato un notevole aumento nell’area metropolitana di Tokyo, tuttavia non sembra esserci differenza tra aree urbanizzate e rurali a questo riguardo.
D’altronde si potrebbe dire che la percentuale che un tempo veniva chiamata “otaku” per aver avuto un hobby che impegnava gran parte del loro tempo è andata diminuendo. In passato, dovevi andare in posti come Akihabara per ottenere merce e informazioni sul settore, ma l’introduzione di contenuti digitali ha reso le cose troppo facili per i membri della cultura otaku.
Prima non si poteva avere accesso a tutte le serie anime trasmesse dalle stazioni televisive, come quelle volte in cui TV Tokyo non aveva stazioni televisive affiliate in nessuna prefettura e, quindi, le serie che trasmetteva non arrivavano lì. Tuttavia, con l’arrivo dei servizi di streaming, che hanno tutti i contenuti al momento, quel problema ha cessato di esistere.
Nella mia relazione ho definito due tipi di otaku che esistono oggi: primo, gli otaku tradizionali di tipo “consumer”, che consumano i contenuti dell’industria in modo solitario, senza che questo li influenzi in alcun modo; tuttavia, oggi sta emergendo anche una tipologia di “social otaku”, che condivide i propri gusti con gli amici o anche con i partner romantici, che è sicuramente la ragione per la quale di aver superato il 50% nei sondaggi più recenti .
Faccio parte di quella strana categoria di persone che, nonostante ci siano mille film da guardare, milioni di manga da leggere e trecento nuovi titoli di videogiochi, si fissa sempre sulle solite cose, per poi passare notti intere a rimettersi in pari con il mondo. Laureata in Lettere e in Editoria e Giornalismo, colleziono libri antichi in modo ossessivo, adoro piante e gatti e pratico judo da anni nella speranza di diventare, se non invincibile, almeno più saggia.
I ballerini di K-Pop danzano soprattutto per una grandissima passione verso i loro idoli coreani, allenandosi in cameretta con Just Dance, ritrovandosi tra amici in piazze e parcheggi con le casse acustiche come trent’anni prima facevano i break dancer, e imparando a memoria testi di canzoni in una lingua che non conoscono. Per chi ama il K-Pop ballare è alla base di tutto!
I contest di K-Pop in Italia
Da una quindicina d’anni hanno anche la possibilità di mettersi alla prova davanti ad una giuria in sfide chiamate K-Pop contest, spesso ospitate da festival del fumetto, del cosplay e della cultura pop. Questi contest, nati per rafforzare la community e dare ai ballerini la possibilità di esibirsi su un palco davanti ad un pubblico, sono nel tempo diventati veri e propri eventi centrali nella cultura giovanile. Da raduni amatoriali quasi improvvisati siamo arrivati ad un campionato italiano di danza K-Pop, diviso in selezioni regionali sparse in tutta Italia, finali per crew a Napoli e per solisti a Bergamo, il tutto organizzato dal festival Comicon e dal collettivo K-ble Jungle, supportati da una decina di associazioni e scuole di danza locali, tra cui Coreapoli, TKC, DASK, OK-B3ATZ, Ciac, Arrosticini&Kpop, e molte altre.
Dal 2024 il campionato italiano diventa addirittura un contest europeo di K-Pop, raccogliendo alcuni tra i Paesi europei dove il movimento K-Pop è più radicato, con selezioni regionali e nazionali seguiti da una finalissima a Catania, anche questa organizzata da Comicon e K-ble Jungle, con direzione artistica di Silvio Franceschinelli.
Le nazioni partecipanti alla prima edizione sono state Francia (i vincitori!), Repubblica Ceca, Lettonia, Spagna, Austria, Polonia e naturalmente Italia.
Il K-Pop: ballare a Etna Comics e Comicon
La finale italiana è organizzata da Comicon, con l’ultima tappa per i solisti a Bergamo e per le crew a Napoli. La finalissima europea è ospitata e supportata da Etna Comics, il più grande festival siciliano di cultura pop. Due festival dove non solo godersi le selezioni regionali che porteranno alla finale nazionale dell’anno successivo e le finali nazionali ed europee, ma anche un intenso programma di conferenze e incontri, mostre, random dance e concerti, feste serali all’insegna della musica asiatica, coreana e giapponese soprattutto.
Contatti
Per contatti riguardo il K-Pop contest nazionale ed europeo si prega di contattare Silvio Franceschinelli, responsabile organizzativo.
Il 28 giugno Firenze è stata protagonista della seconda tappa degli iKON in tour europeo, parte del loro secondo tour mondiale dal titolo “Take off”, iniziato lo scorso 5 maggio con il primo spettacolo a Seoul. Ho avuto il piacere di far parte del pubblico di un concerto che per me significa moltissimo, dato che seguo gli iKON dagli inizi, e le mie aspettative sono state più che ripagate.
La band
Prima di passare al racconto di questa bellissima esperienza, qualche informazione di base sul gruppo: gli iKON sono stati uno dei gruppi maschili di punta della YG Entertainment, una delle tre maggiori compagnie di intrattenimento in Corea, prima di cambiare agenzia all’inizio del 2023 dopo la scadenza del loro contratto e spostarsi tutti insieme alla 143 Entertainment, che gli ha permesso di intraprendere il tour mondiale. Originariamente il gruppo era composto da 7 membri: B.I. Jinhwan (JAY), Yunhyeong (SONG), Bobby, Donghyuk (DK), Junhoe (JU-NE) e Chanwoo (CHAN), ma nel 2019 il leader B.I si è visto costretto a lasciare il gruppo, riuscendo tuttavia a continuare la propria carriera musicale da solista. I
l loro debutto risale al 2015 con l’album “Welcome Back” e la canzone dal titolo “My Type” (취향저격), ma in moltissimi li ricordano soprattutto per il grande successo del 2018 “Love Scenario” (사랑을 했다), brano che ha contribuito ad aumentare ulteriormente la fama degli iKON tanto da essere considerata la loro canzone simbolo.
Il concerto
È la prima volta in quasi 10 anni di carriera che gli iKON tengono dei concerti in Europa, e tutte e tre le date sono state un grande successo: i ragazzi si sono infatti esibiti prima in Germania, ad Essen, poi a Firenze, ed infine a Parigi. L’Italia sembra aver catturato gli iKON con l’arte, il buon cibo, ma soprattutto un pubblico caloroso che ha restituito loro tutto l’amore che gli hanno dimostrato con la loro performance. Dall’apertura fino all’encore nessuno è riuscito a rimanere seduto, e il gruppo stesso ha più volte incitato i fan a scatenarsi sugli spalti e ballare insieme a loro. Il modo in cui i ragazzi interagiscono con il pubblico, in particolare Bobby, è qualcosa di veramente speciale e che tutti hanno apprezzato, ed ha reso l’esperienza ancora più travolgente. Gli iKON sono degli entertainer a tutto tondo: guardandoli dal vivo si riesce davvero a capire quanto siano appassionati del loro lavoro, quanto si divertano a stare sul palco e a coinvolgere gli iKONIC durante l’intera durata della performance, dal parterre fino all’ultima fila delle gradinate. Persino i ment, momenti in cui i membri fanno una pausa dalle loro intense coreografie parlando e facendo giochi insieme al pubblico, sono stati piacevoli e divertentissimi, con i ragazzi che hanno raccontato come hanno passato i due giorni prima del concerto e ci hanno deliziato con il loro italiano riempiendoci di grazie e ti amo.
In poco più di 2 ore di concerto abbiamo potuto ascoltare i loro più grandi successi, insieme a parte del loro nuovo album (che porta lo stesso nome del tour, Take off) in un percorso pieno di emozioni che spaziano dal puro divertimento con brani quali Rhythm Ta (리듬 타) e Bday (벌떼), alla malinconia che accompagna pezzi come Why why why (왜왜왜) e Goodbye Road (이별길). Un altro momento che ha sicuramente catturato il cuore degli iKONIC è stato quello delle esibizioni soliste dei membri JAY, JU-NE, DK e SONG: dall’oceano di torce accese durante la cover di Love on the brain di Rihanna interpretata da JAY, alla performance di JU-NE con la sua Want you back accompagnato dalla chitarra, fino alla vera e propria scarica di adrenalina con l’intensa Kiss Me di DK e Fighting (으라차차), il brano trot di SONG. L’atmosfera creata dagli iKON è stata quella di una festa che non si è fermata nemmeno con le canzoni più lente e commoventi, e che ha sicuramente avuto un grande impatto sul pubblico, sia per chi è un’iKONIC da anni, sia per chi si considera semplicemente un ascoltatore occasionale. Non c’è dubbio che la serata passata insieme agli iKON sia stata meravigliosa, e speriamo davvero di riuscire a rivederli in Italia molto presto.
Nei giorni scorsi è impazzata agli onori della cronaca la storia di Akihiko Kondo, 38enne giapponese che nel 2018 si è sposato. E fin qui niente di strano. Ma ecco perché la notizia ha fatto il giro del mondo: lui è un impiegato dell’amministrazione di Tokyo, lei un “vocaloid”, un sintetizzatore software, in forma di ologramma. Il fenomeno (chiamato fictosessualità) in particolare nel Paese del Sol Levante non è una novità, ma di recente sui social la discussione intorno al romanticismo da fiction è diventato un trend piuttosto dibattuto.
Il fatto è stato ripreso dal New York Times e come spesso capita con le stranezze tutte giapponesi, in Occidente si fa fatica a capire come una persona possa felicemente (ma non civilmente) essere sposata con un ologramma. Tra l’altro lei ha un nome, si chiama Hatsune Miku, è una ragazza dai capelli azzurri che fa la cantante e vanta collaborazioni con artisti internazionali (ovviamente tutta finzione).
L’uomo però si dice più che soddisfatto di questa relazione: in passato era stato scaricato da alcune donne in carne ed ossa ed era pure stato bullizzato dai colleghi di lavoro, cadendo così in una profonda depressione, ma l’incontro con Miku ha rappresentato una vera e propria ancora di salvezza.
La svolta in questa relazione è arrivata nel 2017 grazie a un Gatebox, un macchinario da 1300 dollari che ha consentito ai suoi proprietari di interagire con i personaggi amati tramite ologrammi e pure di sposarli.
My name is Akihiko Kondo. My job is a civil servant. I married Hatsune Miku, who lives in my house. About 15 years ago, I was bullied at work and took a leave of absence, but thanks to her I was able to return to work. She saved me. I love Hatsune Miku. I am very happy. pic.twitter.com/5RHyBIe0yg
Sembra un rapporto impossibile tra i due sposini, eppure Kondo dice di essere innamorato e felice. La pratica ha un nome e si chiama “fictosessualità” e riguarda persone che provano attrazione sessuale per figure immaginarie. Il New York Times sostiene addirittura che siano “decine di migliaia” i fictosessuali al mondo con una concentrazione particolare proprio in Giappone.
La ricerca scientifica sulla fictosessualità
Uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Psychology ha analizzato il fenomeno dei fictosessuali. La ricerca fornisce un’analisi esplorativa dei concetti di fictosexuality, fictoromance e fictophilia, termini nuovi, con il quale è importante imparare a confrontarsi.
Queste etichette indicano un forte sentimento di amore, infatuazione o desiderio per un personaggio immaginario. Gli autori hanno tenuto a sottolineare come l’intenzione non fosse quella di far apparire i fictosexual come persone disturbate, infatti, al momento, il fenomeno non è riconosciuto come condizione diagnostica specifica dall’Organizzazione mondiale della sanità. Tuttavia, emozioni e sentimenti nei confronti di personaggi immaginari possono generare disagio poiché le persone non possono interagire con i personaggi nello stesso modo in cui fanno con altri esseri umani. Se perdurante, l’assenza di contatto fisico potrebbe quindi causare danni psicologici.
Chi di noi non si è innamorato del personaggio di un manga o anime? Per Kondo e Miku questa è diventata la loro “realtà”. Non si fa fatica a immaginare quanto un personaggio immaginario possa aiutare ad uscire da un momento difficile, sappiamo bene quanto in alcuni momenti della vita un buon libro o un film non ci abbiano aiutato, ma c’è chi si spinge ben oltre.
Nessuno ha il diritto di giudicare una scelta, che in ogni caso è stata fatta con il cuore, certo la stranezza di tutta la storia resta e chi non preferirebbe stringere a sè qualcuno in carne ed ossa piuttosto in fissare gli occhi vuoti di un ologramma? Ma la felicità ha forme molto diverse e se Kondo ha trovato la sua ben per lui!