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Oceania 2 è un sequel semplice, ma mai pigro | Recensione

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Parliamoci chiaro: Disney, nella sua parte di studio d’animazione, più che come grande conglomerato di brand e progetti, è in un momento di difficoltà concreto. Gli ultimi due film sono stati dei flop – soprattutto commerciali – e l’aura di infallibilità è sparita. E allora si tira il freno e si riparte dalle cose sicure, progetti dove è difficile sbagliare, basandosi su ciò che ha funzionato in passato. In sostanza, i sequel. Questo il mantra scelto da Bob Iger, CEO del gruppo, che trova la sua concretizzazione in Oceania 2. Un film che riparte da uno degli ultimi grandi successi animati Disney, che abbiamo visto in anteprima. E che ora siamo pronti a raccontarvi, nella nostra recensione di Oceania 2.

Oceania 2, la recensione: dove eravamo rimasti con la storia di Vaiana?

Otto anni fa abbiamo fatto la conoscenza di una giovane avventuriera, che ha raccolto la chiamata dell’Oceano per scoprire un mondo di divinità, semidei e leggende. Alla fine del suo percorso, Vaiana ha ritrovato il suo equilibrio, aiutando la sua famiglia e i suoi amici a riscoprire le proprie radici da navigatori. Il passo successivo è trovare contatto con altre persone, uomini e donne che stanno oltre il mare. Sempre che esistano davvero, perché Motunui è completamente isolata da quando c’è memoria.

Il punto è che questa “solitudine” non è casuale. È stata una delle tante potenti divinità dell’Oceano ad averla imposta e il tempo ha cancellato tutte le tracce di un passato in cui i popoli erano in contatto. O meglio, quasi tutte. E da un piccolo spunto, ritrovato da Vaiana (anzi, a essere precisi da HeiHei) ripartirà un nuovo viaggio avventuroso nel mito, per riportare l’unità nell’Oceano.

Oceania 2 prende quell’idea che citavamo in apertura di “tornare a fare le cose che hanno funzionato” e la realizza in pieno. Non solo perché è un sequel di un grande successo, ma perché segue un approccio ben collaudato nella sua narrazione. Siamo davanti al tradizionale viaggio dell’eroe, senza particolari tentativi di nascondere i diversi step: ci sono anche letteralmente due soglie da superare lungo la strada.

Da questo link Film e show | Disney+

Tuttavia, non abbiamo mai davvero la sensazione che siano delle scelte pigre. Anche in momenti teoricamente molto classici (come la sequenza della formazione della squadra, cliché ampiamente riconosciuto) tutto viene come un proseguimento naturale del racconto. E di step facile in step facile, arriviamo alla conclusione della storia, con un buon equilibrio e una giusta dose di emozioni. Senza strafare.

Un film di 100 minuti

Non è un segreto per gli addetti ai lavori che Oceania 2, di cui state leggendo la recensione, sia una rimodulazione di uno show inizialmente previsto per Disney+. Uno di quelli che probabilmente sarebbe stato raccontati come “più che una serie TV, un vero e proprio film di X ore”. Ma guardando la nuova avventura di Vaiana non si nota davvero che in origine ci fossero altri piani (a meno di non volersi mettere davvero a cercare). E forse questo è perché un film lo è sempre stato.

Il successo dello streaming e la necessità di arricchire i cataloghi delle piattaforme ha portato negli anni al lancio di tante di queste serie TV che si paragonavano ai film. Ma questi sono due media differenti, ciascuno con le sue regole e nel tempo abbiamo imparato che non sempre questi esperimenti rendono bene. Non si può semplicemente estendere una storia su un minutaggio maggiore per ottenere un buono show. E forse questo è quello che sarebbe successo anche a Oceania 2 (ma non lo sapremo mai).

La sensazione è che questo sia un progetto effettivamente nato con il cinema in mente, poi trasformato in serie TV perché il momento richiedeva progetti per lo streaming. Ora che il mondo è cambiato e quel modello è in crisi e, viceversa, serve segnare un punto sul grande schermo, è tornato alle origini. Diventando “più che una serie TV, un vero e proprio film di 100 minuti”.

In tutto questo ha guadagnato anche un paio di sequenze che effettivamente meritano il cinema. Momenti che non cambieranno la storia della settima arte, ma che non sarebbero stati altrettanto godibili a casa. Compresa la battaglia finale, che eredita dal primo film un approccio originale alla prova, quasi una gimmick boss battle.

Oceania 2, la recensione: la questione è accontentarsi

Dalla sua “fase serie TV” questo film ha ereditato sicuramente un orizzonte più contenuto (in contrasto con lo spirito di Vaiana). Se siete arrivati fin qui, ormai dovrebbe essere chiaro, non ci troviamo davanti a un progetto particolarmente ambizioso, né nella narrazione, né nei suoi concetti. Tutta un’altra pasta rispetto a un sequel come Frozen II – Il segreto di Arendelle, per citarne uno.

Ma dalla sua ha che funziona. C’è qualcosa che non ci convince in pieno, soprattutto per quanto riguarda il personaggio di Matangi (che in italiano soffre anche un doppiaggio non eccezionale, nel parlato). La sua storia è probabilmente la parte meno organica di tutta la trama: c’è una ragione per questo, che non spoilereremo, ma si poteva comunque gestire meglio. Ma tolto questo, il film funziona.

E in questo momento, forse, servono queste cose facili. Certo, vorremmo sempre trovarci davanti a qualcosa che alzi l’asticella, che punti al massimo, che voglia lasciarci a bocca aperta. Ma quando Disney ci ha provato negli ultimi anni ha dimostrato di non avere l’equilibrio per farcela, con pellicole che soffrivano di produzioni lunghissime e travagliate, con troppi input e nessuna armonia fra loro. Con questa consapevolezza, è più facile accontentarsi di un film come questo.

Oceania 2 è un sequel tradizionale, che sì, non innova ma almeno riesce a raccontare una storia dall’inizio alla fine (circa) in maniera pulita e lineare, cosa che Disney non sempre è riuscita a fare ultimamente. Per quest’anno – e plausibilmente i prossimi tre o quattro, che seguiranno il mantra dei sequel – possiamo accontentarci. Anche se – diciamocelo – Vaiana non apprezzerebbe.

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