È ormai da qualche anno che la Disney ci ha abituati all‘uscita dei suoi live action, film che riprendono la magia delle vecchie pellicole animate e le ripropongono a un nuovo pubblico abituato a un tipo diverso di animazione e intrattenimento. Lo ha sempre fatto, però, strizzando l’occhio ai vecchi fan, quelli che sono cresciuti con i cartoni Disney: Il Re Leone, Cenerentola, La Bella e la Bestia, Aladin e… Mulan. Quest’ultimo, uscito su Disney+ e non al cinema come previsto a causa della pandemia in corso, è ispirato a forse uno dei più amati classici Disney.
La storia Disney originale di Mulan ci insegna che non importa di che sesso tu sia, delle aspettative della società o delle difficoltà che ti troverai davanti, l’importante è l’impegno e la costanza. Se metti tutta te stessa in quello che fai nulla è impossibile, nemmeno salvare la Cina. Bene, il nuovo film Disney insegna che se vuoi essere rispettata dai tuoi colleghi uomini e salvare la Cina devi avere i superpoteri, l’alternativa è stare a casa ed essere un side character dimenticabile.
Il messaggio che passa è totalmente diverso, ma non è nemmeno l’unico problema che trapela dalla pellicola. Prima di parlare del film in sé però voglio concentrarmi sulle motivazioni che hanno spinto molti utenti e fan a boicottarne l’uscita. Ragioni ben più serie e reali di qualunque buco di trama o scelta registica poco azzeccata.
Mulan e la politica
Il film è stato creato prendendo in considerazione le maggiori problematiche degli ultimi anni. Giusto, è impensabile che i film, anche se remake, non si evolvano con il tempo per seguire i gusti e la sensibilità del pubblico. Il problema qui però risiede nell’uso strumentalizzato di temi delicati e complessi come l’eguaglianza, la libertà e la forza individuale.
“L’attivismo” di Disney è, mi dispiace dirlo, solo di facciata. Perché nonostante nel film venga più volte ripreso il tema della diversità, dell’uguaglianza e della libertà, nella vita reale queste problematiche sono state bellamente ignorate.
Molti fan si sono infatti organizzati per boicottare il film a causa delle dichiarazioni dell’attrice protagonista, Liu Yifei, che nel 2019 si era schierata a favore della polizia di Hong Kong e contro i manifestanti che richiedono l’indipendenza di Hong Kong dalla Cina.
Chinese actress Liu Yifei, star of upcoming Disney blockbuster Mulan, shows support for Hong Kong police on Weibo, retweeting a People’s Daily post. Weibo shows that she is an iPhone user #hongkongprotestspic.twitter.com/gfXEb3zsom
Oops. Looks like #Mulan is no longer searchable on Weibo. This should be a lesson for Disney: You can pour US$200 million into a project, hire pro-government actors, deny concentration camps’ existence, pander to Chinese nationalism — and STILL get screwed big time.#BoycottMulanhttps://t.co/9w708n6IVg
Un’altra problematica, sempre legata alla Cina e alle sue politiche oppressive verso le minoranze, è invece più recente, e imputabile direttamente alle scelte di Disney.
La Walt Disney Company afferma nel suo rapporto sulla responsabilità sociale e nella dichiarazione sulla politica sui diritti umani che sono:
Impegnati a condurre affari in modo etico e responsabile. Rispettiamo e sosteniamo i principi internazionali volti a proteggere e promuovere i diritti umani, come descritto nella Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e nella Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali nel lavoro dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
Peccato che questo impegno non sia stato rispettato nella creazione di Mulan. Il Film infatti è stato girato nella regione dell’East Turkestan, regione in cui il governo è accusato di aver creato dei veri e propri campi di “riforma” per la comunità Uiguri. Nei crediti finali del film è ringraziata l’agenzia di sicurezza governativa della provincia dello Xinjiang, dove circa un milione di Uiguri sono detenuti senza aver commesso veri e propri crimini, se non quello di appartenere a un’etnia di minoranza mussulmana ritenuta pericolosa dal governo cinese, e quindi da dover “rieducare”.
Il governo cinese afferma che i suoi campi di detenzione nello Xinjiang sono necessari per migliorare la sicurezza, ma diverse fonti riportano i trattamenti disumani perpetrati contro gli Uiguri, che dopo il periodo di “rieducazione” vengono sfruttati come manodopera a basso costo, se non a costo zero.
Un film che racconta la storia di emancipazione di una ragazza contro una società che la opprime, quindi, è stato creato proprio grazie a un governo accusato ripetutamente di negare diritti ai propri cittadini, ricorrendo più volte alla violenza. Per protesta è nata anche una petizione, che potete firmare QUI.
Dopo questa premessa, a mio parere obbligatoria, passiamo alla recensione del film in sé.
La sceneggiatura
La storia di Mulan la conosciamo tutti, bene o male. La giovane Mulan, ribelle ed estroversa, decide di partire per unirsi all’esercito imperiale cinese per sostituire il vecchio padre, salvandolo così da morte certa in battaglia. È un percorso di formazione che unisce momenti scanzonati a scene drammatiche, senza dimenticare una morale di base che fa da fil rouge per tutto il film.
Nel Live Action inizialmente ritroviamo la stessa atmosfera originale: colorata, allegra e dinamica. Il problema sorge quando il film inizia a prendersi troppo sul serio, e quest’atmosfera a volte quasi scanzonata e i colori accesi stonano con le scene più drammatiche e serie. Il tutto è reso più confusionario da scene di combattimento la cui resa scenica è intervallata da cambi improvvisi di prospettiva, rallenty che spezzano l’azione e coreografie che più di un combattimento ricordano quelle di un balletto.
I personaggi
Nel cartone originale ogni personaggio era talmente ben caratterizzato da rimanere impresso nella mente dello spettatore. Nessuno era inutile e tutti avevano un ruolo ben preciso, da Shan Yu, villain spaventoso quanto temibile, a Mushu, spalla comica che accompagna Mulan nel suo percorso stemperando le parti più serie con momenti di comicità ormai iconici.
Nel film questa caratterizzazione manca, totalmente. Alla fine della pellicola risulta difficile ricordarsi i nomi di qualunque personaggio che non sia la stessa Mulan, tanto che alcuni dei suoi commilitoni sono quasi intercambiabili fra di loro. Nessuno risalta e quello che rimane è una landa desolata di piattezza. Non c’è quindi molto da dire se non che tutti i personaggi sono dimenticabili, persino la stessa Mulan che da eroina piena di difetti e pregi, umana in tutte le sue sfumature, diventa una Mary Sue che fin dall’inizio sa combattere meglio di tutti, è più intelligente e scaltra, e soprattutto indipendente nonostante la società che la imprigiona in un ruolo che non le appartiene. Trovare un difetto che la renda umana e credibile è impossibile.
Le omissioni
Aveva fatto molto scalpore l’omissione di Mushu, personaggio iconico del franchise originale, anche se ormai datato e rappresentate uno stereotipo un po’ forzato – agli occhi dello spettatore moderno – della Cina. Nonostante nel cartone fosse uno dei cardini della storia, qui sarebbe stato di troppo, e la decisione di sostituirlo è, a tutti gli effetti, ottimale. Risulta però forzata la presenza dello spirito guida di Mulan, che invece di essere un drago è una fenice. Fenice che, oltre ad apparire qualche volta nello schermo svolazzando nel cielo per “dare forza” a Mulan non fa altro. Praticamente è un aquilone molto carino che la segue senza un vero e proprio motivo, senza la sua presenza nulla sarebbe cambiato.
Una omissione che però si è fatta sentire è quella di Li Shang. Il motivo è stato spiegato dal produttore Jason Reed:
Abbiamo scisso il personaggio di Li Shang in due: uno è diventato il Comandante Tung, figura paterna e mentore di Mulan durante il corso del film; l’altro è Honghui, un pari della ragazza all’interno della squadra. (…) Penso che in un’epoca come quella del movimento #MeToo, avere un ufficiale al comando che è anche un interesse amoroso e sessuale potesse mettere a disagio. Pensavamo non fosse appropriato.
Peccato che quest’omissione, o meglio sdoppiamento, abbia creato ben due personaggi assolutamente dimenticabili, e tolto una grande fetta di visibilità LGBTQ+ che sarebbe potuta essere esplorata molto meglio. Nell’originale Li Shang è sì un superiore di Mulan e interesse amoroso, ma durante il loro percorso di formazione e avvicinamento non viene mai mostrato alcun atteggiamento “problematico” da parte sua, nemmeno quando scopre che si tratta di una donna. L’interesse, sottinteso per gran parte del film, si realizza solamente alla fine, quando Mulan è a tutti gli effetti al pari – se non superiore – a Li Shang.
Il suo personaggio, inoltre, introduceva la tematica della bisessualità nella storia, anche se solamente sottintesa e mai esplorata del tutto (stiamo parlando della Disney e del 1998, dopotutto). Per molti membri della comunità LGBQT+ è stata tolta un’occasione di esplorazione del tema a favore di una emancipazione femminile che, ad essere onesti, era molto più presente nell’opera originale. Perché sì, sul finale si intuisce che tra i due è sbocciato l’amore, rimane però il mistero: come è successo? In tutte le scene precedente, in cui tutti credevano che Mulan fosse un uomo, la tensione tra i due era inesistente. Per non parlare Honghui, dallo charme inesistente.
Le aggiunte
I cambiamenti nei confronti dei personaggi non finiscono qui, infatti Bori Khan – equivalente di Shan Yu – è accompagnato dal suo fedele falco, che in questo nuovo adattamento è una donna: la strega Xianniang.
Una figura di troppo, che con Mulan condivide il potere del Qi – una specie di Forza alla Star Wars – e che proprio per il suo potere è stata ostracizzata e bandita da tutti, tranne che da Bori Khan. È lo specchio distorto della protagonista, quello che sarebbe potuto succedere anche a Mulan se non avesse scelto la via del bene.
Peccato che ogni scelta riguardante questo personaggio risulti quantomeno fuori luogo. Fin dall’inizio troviamo buchi di trama nella sua presentazione: prende la forma di un soldato sfuggito alle forze di Bori Khan e si presenta alla corte imperiale, rivelando sì informazioni strategiche al funzionamento del piano degli invasori, ma anche “presentandosi” e di fatto spiattellando l’arma segreta degli invasori. A cosa è servito?
A nulla se non a rendere più chiara la sua posizione nella storia, cosa che sarebbe potuta essere fatta in moltissimi altri modi.
Un altro problema risiede nella sudditanza nei confronti di Bori Khan. Perché sì, è una strega potentissima che può mettere in difficoltà – se non sconfiggere – un intero battaglione da sola, ma è la serva di uno scimmione con la caratterizzazione e il carisma di un tagliacarte. Bori Khan infatti le ha promesso che sarà libera di usare i suoi poteri una volta che salirà al potere, ma che comunque rimarrà una serva. Il senso logico di questa faccenda sfugge.
La parte forse più fastidiosa del suo arco narrativo però risiede nella sua (SPOILER, anche se prevedibile) morte. Ci vengono mostrate scene e scene in cui sia Mulan che Xianniang schivano frecce, combattono alla Bruce Lee e fanno acrobazie degne del Cirque du Soleil, eppure Xianniang si sacrifica, intercettando la traiettoria di una freccia scagliata da Bori Khan e diretta verso Mulan. Una freccia che era lontana da Mulan, facilmente schivabile (se decidiamo di seguire la logica interna del film) o, comunque, intercettabile in altri modi. La sua morte è semplicemente una scusa per dare un arco narrativo di redenzione al personaggio, senza però degnarsi di continuare la sua storia.
La sua presenza nel film è totalmente strumentale al messaggio di girl power e alleanza femminile contro un mondo patriarcale che questo film vuole propinare, senza rendersi conto che le stesse tematiche erano state trattate molto meglio e molto più approfonditamente nell’originale. Xianniang è paragonabile a un oggetto che viene mosso di qua e di là a seconda delle esigenze di trama, senza una vera e propria coerenza interna o un arco di crescita degno di essere definito tale.
Il potere del Qi di Mulan
Il problema più grande però risiede nel personaggio stesso di Mulan, o meglio nel suo Qi (no, non il quoziente intellettivo). Questo aspetto è ripreso dalla tradizione cinese, in cui il Qi (氣) è un’energia interna che pervade ogni cosa, e permette di essere in armonia con il mondo, oltre a diventare degli esperti di arti marziali allenandosi con un bastone in un campo senza alcuna supervisione.
Nell’originale Mulan era speciale proprio perché era una ragazza normale, qui è speciale perché una forza sovrannaturale ha deciso di manifestarsi in modo più forte nel suo spirito. Oltre al fatto che il Qi, e quello che significa e i poteri che comporta, non sono mai spiegati approfonditamente, non se ne capisce il senso. È un’aggiunta inutile che stravolge la storia, rendendo l’intero arco narrativo di Mulan piatto e quasi inesistente.
Mulan qui è un’eroina senza macchia né difetto, che non viene smascherata per errore ma decide di rivelare a tutti che è in verità una donna, decidendo di accettarsi così com’è. Ovviamente il tutto fatto attraverso una sequenza scenica in cui, nel bel mezzo di una battaglia, decide di sciogliersi i capelli (che magicamente sono già in piega, è questo uno dei tanti effetti del qi?), togliendosi l’armatura e… be’, nient’altro. A quanto pare basta questa cosa a trasformarla da uomo a donna.
In conclusione, se volete rivivere la storia di Mulan, potete riguardare il film d’animazione classico, oppure leggere la ballata originale, anche se vi posso assicurare che anche quest’ultima ha poco a che fare il il nuovo film Disney.