Con Dylan Dog 420 “Jenny” siamo giunti alla fine di questo trittico ispirato alle canzoni del cantautore italiano Vasco Rossi. Come avrete intuito dal titolo se il primo episodio era dedicato a “Sally” e il secondo ad “Albachiara“, quest’ultimo non poteva che essere tratto dall’omonima canzone: “Jenny“.
Dylan Dog 420: la trama
La storia parte con Dylan intrappolato all’interno di una cella senza sapere come e chi l’abbia costretto in quel luogo. Apparentemente non ci sono modi per poter evadere, tuttavia sente che dall’altra parte del muro vi è un’altra persona, una ragazza di nome Jenny.
Dapprima la ragazza sembra riluttante a voler evadere, ma Dylan non si arrende. Nella stanza vede raffigurato un labirinto a forma di cervello e quando i due si mettono a scavare il muro per incontrarsi, nella cella di Dylan si apre una botola.
Dylan affronterà le varie entità che gli si paleseranno di fronte, cercando di raggiungere Jenny e, insieme, scappare.
Narrazione e disegni
La storia scritta da Barbara Baraldi può essere divisa in due parti concettuali. Cambiando genere fra la prima e la seconda, la Baraldi riesce a trovare un equilibrio ed un ritmo della narrazione molto avvincente che, diversamente, sarebbe risultato pesante.
I disegni realizzati da Davide Furnò si accostano in maniera furba alla narrazione dell’episodio. Uno stile molto particolare quasi soffuso rende l’ambientazione onirica a tratti suggestiva e le sequenze reali cupe e sussurrate. Abbinandosi anche alla tematica prevalente dell’albo stesso.
Conclusioni
Dylan Dog 420 si pone a chiusura di questo ciclo dedicato a Vasco Rossi. Una riflessione riguardo tutto l’arco è che se non ci fosse stato il peso delle canzoni sotto, probabilmente, gli episodi sarebbero filati ancor meglio.
Nella fattispecie di quest’ultimo albo l’attenzione si pone su una patologia. C’è quasi una visione tragica, ma allo stesso tempo poco dettagliata e semplicistica della patologia che si vuole andare a descrivere e questo, forse, è stato fatto per restare in tema con la canzone, rivelandone, quindi, i punti fragili.
Tuttavia se tralasciamo il concetto soprascritto che, probabilmente, a chi non ne è affetto o comunque l’ha vissuto anche in secondo piano non interessa, l’episodio riesce ad essere molto avvincente. Ferma il lettore in un tempo indefinito in cui l’analisi di questo labirinto mentale e le proprie riflessioni vengono a galla, facendolo piacere nonostante tutto.
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