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Come Joe, ad occhi aperti – oblio, sincronicità e caos in Scrutando nell’Abisso (Dylan Dog 408)

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In Scrutando nell’Abisso, volume 408 di Dylan Dog edito Sergio Bonelli editore, Gigi Simeoni mostra la sua abilità scrivendo una storia che intreccia l’inquietante all’intrigante, rendendola particolarmente attraente. Ci troviamo già a distanza di un paio di numeri dalla chiusura del ciclo della Meteora di Roberto Recchioni, e Dylan sembra essere tornato il nostro solito indagatore dell’incubo nonostante quest’ultimo strano caso lo spinga a riflettere e mettere in dubbio le sue convinzioni. 

Alcuni work-watchers, ossia i vecchietti che guardano gli scavi, vengono uccisi in maniera atroce in un solo istante. Né Scotland yard né Dylan riescono a spiegarsi il misfatto. Tuttavia il signor Joe Grady, un anziano work-watcher, apre gli occhi a Dylan.

Scrutando nell’Abisso: oblio, sincronicità e caos

Scienza e paranormale si mescolano in un limbo sottile in cui coesistono entrambi ed uno rende plausibile l’altro. Gli anziani, chiamati da Joe sentinelle, vegliano su quel limbo, avendo cura di preservare l’umanità.

Da una situazione così apparentemente ordinaria ci si ritrova in un mondo completamente paranormale per solo un istante, condiviso in tutto il mondo. La storia abbraccia l’idea di un sincronicità perfetta partendo dal presupposto che tutti dobbiamo sbattere le palpebre circa 12.000 volte al giorno. Esiste, quindi, una remota possibilità che, nel mondo, in un preciso istante, tutti abbiano gli occhi chiusi.

Sincronicità

La sincronicità è il dare un nome a fatti empirici che suggeriscono l’esistenza di coincidenze significative. Nonostante questo concetto fosse già presente nel neoplatonismo e Platone sostenesse l’esistenza di una realtà intelligente, in epoca contemporanea il primo a elaborare l’esistenza della sincronicità fu Jung con il suo studio sui fenomeni inesplicabili.

Secondo questa interpretazione, l’archetipo alla base dei fenomeni di sincronicità sarebbe un coordinatore della realtà psichica e materiale dove la coordinazione si sviluppa secondo il loro significato comune. Jung considerava la psiche e la materia come due aspetti di una “unità”, che però non è accessibile per via diretta.

I fenomeni sincronici mi sembrano volgere in questo senso : il “non psichico” potrebbe comportarsi come il “psichico”, e viceversa, senza che vi sia una relazione causale fra loro.

Carl Gustav Jung

La sincronicità, secondo Jung, si riferisce, dunque, ad avvenimenti dove accadono cose nella realtà esterna che sono in corrispondenza significativa con un’esperienza interiore. I fenomeni sincronici sono delle coincidenze significative dove lo spazio e il tempo appaiono come delle grandezze relative. Sincronicità non vuol dire “nello stesso tempo” ma “con lo stesso senso”.

La parte del fenomeno sincronico che si produce nella realtà esterna è percepita dai nostri sensi naturali. L’oggetto della percezione è un avvenimento oggettivo. Tuttavia resta un evento inesplicabile, poiché, nelle nostre condizioni psichiche, non ci si poteva aspettare il manifestarsi del suddetto fenomeno.

Jung venne successivamente in contatto col brillante fisico Wolfgang Ernst Pauli, esperto di filosofia, che scoprì che nel secolo XVIII il filosofo Arthur Schopenhauer considerò nello studio Magnetismo Animale e Magia che gli effetti cosiddetti ‘magici’ fossero ampiamente possibili e li interpretò come influenze dirette della volontà che vanno oltre i limiti dello spaziotempo.

Egli arrivò e teorizzare l’Attività Propria dell’Anima. Per lui qualcosa di psichico e obiettivo allo stesso tempo poteva non essere spiegato da cause materiali. Così sperimentò su di sé l’idea di un qualcosa non fisico, non supportabile da teorie materiali: l’effetto Pauli. Trattasi del fatto che – confermato da fonti sicure – gli strumenti di misura avevano periodicamente delle perturbazioni quando Pauli si avvicinava ad un laboratorio per poi tornare “normali” al suo allontanamento.

Collegabile quindi all’idea di più eventi reali atemporali – sincronicità – legati da un rapporto di analogo contenuto significativo, ma connessi in maniera acausale e non misurabile.

Caos deterministico

Tutti i fenomeni del mondo reale che ci appaiono aleatori e improbabili, quindi non adatti a essere rappresentati mediante modelli matematici deterministici, potrebbero in realtà essere governati da equazioni ben precise, anche se non comprese.

Questo è il caos deterministico in cui modelli matematici non lineari e deterministici possono generare andamenti in apparenza imprevedibili ed estremamente sensibili a impercettibili perturbazioni.

La scoperta del caos deterministico, con la sua capacità di amplificare ogni perturbazione delle condizioni iniziali, spezza il legame fra determinismo e prevedibilità. Diventa persino difficile distinguere a priori ciò che è casuale da ciò che è deterministico.

Infatti se chiamiamo casuale un processo condizionato da cause di cui non riusciamo a prevedere l’esito, e definiamo come deterministico un processo descritto da equazioni matematiche di cui sappiamo perfettamente calcolare il risultato ci accorgiamo che la definizione di caos deterministico presenta entrambe le caratteristiche, manifestando l’una o l’altra a seconda delle circostanze.

In definitiva, come scrive il matematico professor Bischi, il concetto platonico per il quale tutto è manifestazione di regolarità matematica non è quindi estraneo a svolte inaspettate causate da minuscole fluttuazioni.

Anche in un mondo regolato da rigide leggi matematiche un piccolo evento, una minuscola azione, può provocare una rivoluzione. Ovviamente questa imprevedibilità e scarsa controllabilità anche nei sistemi governati da leggi matematiche dovrebbe indurre a prudenza nel prendere decisioni, ovvero al cosiddetto “principio di precauzione”.

Questo concetto ci rende chiaro di come la causalità non possa essere governata ed è proprio per questo, secondo il nostro amico Joe, le tenebre avanzano verso gli uomini dalla notte dei tempi, e gli anziani come lui devono sorvegliare gli scavi, facendo in modo che non ne fuoriescano demoni incontrollabili.

Lo straordinario nel quotidiano

Fin dalle prime pagine di Scrutando nell’Abisso il cima della storia risulta familiare, una cadenza del tempo lenta anche se frenetica con il vecchio Joe fisso, con i suoi occhiali da sole, a sorvegliare il cantiere.

È singolare come una situazione apparentemente così quotidiana possa nascondere un mistero, una paura, un vuoto. Forse il nostro Joe, da dietro i suoi occhiali, guarda verso la fine, verso un baratro; ormai troppo vicino per scappare ma ancora non perfettamente conscio di quello che lo attende. Una sorta di guardiano ai confini del conosciuto, rivolto verso un oblio di paura, di malefico e cattivo. Il tutto interrotto dal rumore degli operai che continuano a lavorare, ignari della profondità che quello scavo può raggiungere.

Un po’ come tutti: ignari delle presenze che ci circondano, della probabilità che anche per solo un istante ogni tanto il mondo non guarda i demoni che quatti quatti si avvicinano come giocassero a “un, due, tre stella!”. Chissà se saranno onesti, se imbroglieranno o cosa faranno quando arriveranno a Stella.

L’idea di caduta libera suscitata da quest’oblio fa riflettere su come sia imprevedibile ed ingovernabile la vita, non solo romanticamente ma supportandosi con teorie matematiche che consideriamo fino a prova contraria.

Magari c’è davvero bisogno, un giorno, di sostituire il vecchio Joe e controllare che nulla esca dall’oblio.

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