Arriva in libreria e fumetteria per Sergio Bonelli Editore L’INVERNO CHE NON SE NE VA, il sesto capitolo de IL CONFINE, la saga di Mauro Uzzeo e Giovanni Masi che ogni due mesi cattura i lettori con trame sospese tra intrigo, fantastico e indagine sociale.
- Disegni: Fernando Proietti, Andrea Olimpieri
- Copertina: Lorenzo LRNZ Ceccotti
- Colori: Alessia Pastorello
Trama
La storia ci riporta all’ultima foto di gruppo, scattata prima della partenza per la gita che fa da detonatore dell’intera serie. In questo scatto si nasconde un ragazzo senza nome. Nessuno sa chi sia né perché si trovi lì, quel maledetto giorno in cui tutti i compagni di Aurora sono scomparsi nel nulla.
Intanto, i misteri su cui indagano Laura Denti e Antoine Jacob si moltiplicano, mentre la neve non smette di cadere imprigionando il piccolo paese al Confine tra Italia e Francia in un inverno senza fine. C’è chi però conosce la verità e sa perché l’Omo di Legno non ha preso fuoco e quest’anno non ha scacciato il gelo.
C’è qualcuno che sa e non parla, qualcuno che non vuole che antichi misteri vengano rivelati e qualcuno che, sentendosi al sicuro nei boschi, passa tutte le sue giornate inginocchiato, di fronte a una vecchia porta rossa, solo per ascoltare ancora una volta la Voce che proviene dalla montagna con gli squarci.
Racconta Giovanni Masi: “Con L’inverno che non se ne va abbiamo integrato nella narrazione de Il Confine un nuovo sottogenere, il white horror, così chiamato per il semplice fatto che si svolge in piena luce. Ne è un esempio il Vampyr di Carl Theodor Dreyer (1932), oppure Shining di Stanley Kubrick (1980), il quale, se ci fate caso, ha delle scene in piena luce terrificanti (come la marea di sangue o la prima volta che vediamo le gemelline). È con questo approccio che, nella scena d’apertura, abbiamo affrontato i culti pagani boschivi, con un occhio al caposaldo del genere The Wicker Man (classico dell’orrore rurale) e l’altro all’antropologia. L’attrazione per la ritualità propiziatoria è un sentimento atavico e inestirpabile, che ancora oggi si nasconde nelle tradizioni più ordinarie: basti pensare che le luci che addobbano i nostri alberi di Natale simboleggiano nient’altro che il fuoco. Perché un tempo, beh… l’albero andava bruciato”.
Aggiunge Mauro Uzzeo: “Sia come lettori che come spettatori, io e Giovanni abbiamo gusti diversi e ci nutriamo di stimoli pressoché opposti, per poi contaminarci a vicenda in fase di scrittura. Gli scarti di registro, intreccio e messa in scena de Il Confine derivano dalla crasi delle nostre visioni, ed è questa mediazione a spingerci in territori che sono il punto di incontro dei nostri modi di intendere una storia. L’argomento che, pur partendo da ispirazioni diverse, volevamo affrontare questa volta era il folklore italiano, i suoi riti e le sue superstizioni. Per me era un modo per restituire le inquietudini provate nella lettura delle Fiabe Italiane, che Italo Calvino aveva adattato dai dialetti di un secolo di tradizioni popolari, incentrate per la maggior parte proprio sulle mitologie dei nostri boschi. L’entusiasmo di Giovanni per l’argomento nasceva invece da presupposti lontani dai miei, e per questo complementari. Trovo meraviglioso che si possa arrivare alla stessa storia tramite percorsi differenti, come in un metodo alternativo per risolvere un’unica equazione”.
Come di consueto il volume, cartonato a colori, propone anche una ricca sezione extra che esplora i retroscena della serie.