Letteratura

Addio Luis Sepúlveda, lo scrittore aveva contratto il coronavirus

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È morto lo scrittore cileno più famoso di tutti i tempi, amato da grandi e piccini, Luis Sepúlveda, che era ricoverato da fine febbraio nell’ospedale spagnolo di Oviedo, aveva 70 anni.

Da bambina mi sono innamorata, come tanti, della Gabbianella e il gatto una favola, che però era molto di più, era una storia di coraggio, di responsabilità, di lotta ai pregiudizi, di richiamo al pensiero ecologista e offriva una visione del mondo nuova. Forse al tempo non avevo capito tutto questo, ma ho amato con ingenuità quel gatto e quella piccola gabbianella, alla quale ha insegnato a volare.

Come potremmo descrivere Sepúlveda? Esule politico, guerrigliero, ecologista, uomo complesso e anticonformista, attento osservatore del suo tempo e dei costumi sociali. Un inguaribile cantastorie, capace di creare personaggi indimenticabili, sempre in lotta contro il male.

Con il romanzo d’esordio “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” – dedicato a Chico Mendes – mostrò ai lettori un primo frammento della sua vita, i sette mesi trascorsi nella foresta amazzonica con gli indios Shuar, una storia che mette a confronto due mondi quello dei nativi e quello dei bianchi conquistatori, offrendo nuove prospettive di incontro per capirsi e rispettarsi.

Con il secondo romanzo “Il mondo alla fine del mondo” descrisse ciò che vide dal ponte di una nave di Greenpeace, organizzazione a cui si era unito negli anni Ottanta: navi-fabbrica che trascinano a bordo balene e si trasformano in mattatoi, inseguimenti tra le nebbie dell’Antartide, militanti ecologisti contro navi da pesca giapponesi. Nelle pagine dei suoi romani vita vissuta, attivismo e letteratura trovavano il luogo d’incontro perfetto.

Alla militanza politica è dedicata la raccolta “La frontiera scomparsa”: i racconti che compongono il libro seguono le tappe di un uomo che dalle prigioni di Pinochet ritrova la libertà attraversando l’Argentina, la Bolivia, il Perù, l’Ecuador, la Colombia, in treno o su veicoli di fortuna fino a Panama dove si imbarcherà per la Spagna. Racconti veri, senza fronzoli, senza magie, dove anche la lingua era semplice, quotidiana e di comprensione immediata.

E poi “La lampada di Aladino”, “Un nome da torero” dove dietro ai personaggi si intravedono i suoi amori, persone che ha conosciuto (o avrebbe voluto), insomma vita che si trasforma in letteratura. Sepúlveda non ha mai smesso di sperimentare i generi per cercare di descrivere la complessità della vita.

Oggi abbiamo tutti perso qualcosa.

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