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Film e Serie TV

Titans: la recensione della seconda stagione (con spoiler)

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Prima della mia personalissima recensione sulla seconda stagione di Titans (serie originale Netflix) ecco una breve, ma necessaria premessa: le mie opinioni riguarderanno solo la serie tv, senza riferimenti ai fumetti originali, altrimenti apriremmo un altro lungo capitolo e non sarebbe qui utile. 

Queste serie sono degli adattamenti liberamente tratti dai comics, sarebbe quindi forse troppo ottimistico pensare che ricalchino alla perfezione la storia, e quindi il loro valore deve essere considerato indipendentemente dai loro genitori su carta (gli autori però non si sono dimenticati di strizzare un occhio anche ai fan dei fumetti che troveranno alcuni indizi e rimandi nella storia).

Partiamo allora dal mio voto: questa serie nel complesso si merita la sufficienza piena (anche qualcosa in più in alcuni episodi), ma Netflix forse ha esagerato nel  gettare in pasto agli spettatori tutti questi Titans e villains, creando un po’ di spaesamento, proprio perchè gli archi narrativi e le storie da tenere insieme sono tante, forse troppe per soli 13 episodi.

Ai Titans “vecchi” Robin (Dick Grayson), Hawk, Dove, Wonder Girl e Aqualad – che fa una comparsata in un unico episodio in un flashback dove viene ucciso da Deathstroke dando così inizio alla faida tra lui e i nostri supereroi – si aggiungono il nuovo Robin, alias Jason Todd, Raven, Starfire, Beast Boy, Super Boy (che compare nella seconda parte della stagione) e Rose Wilson, figlia di Deathstroke.

Queste storie, che sono già tante, si intersecano con episodi secondari che non sempre sono utili alla narrazione principale, andando a rendere più caotico il tutto e facendo dimenticare a volte chi sia il vero nemico.

Un vero cattivo che in questa stagione manca, perchè anche qui ce ne sono troppi. Deathstroke, interpretato da un bravo Esai Morales che calza bene la parte, sembra non avere veri motivi per avercela con i Titans. Certo gli eroi sono la ragione per cui suo figlio Jerico è morto, ma ad ucciderlo, anche se per sbaglio è stato lui.

Inizia così un contorto piano di Slade (Deathstroke) per distruggere la famiglia dei Titans come loro hanno fatto con la sua. In questa vendetta si fa aiutare, oltre che da sua figlia che si deve infiltrare tra le fila dei “buoni” per dividerli, anche da un altro super-cattivo, Doctor Light, che come compare, sparisce pure nel nulla.

E poi, morto Deathstroke – in modo molto poco da super cattivo qual è, ucciso da sua figlia che lo trapassa con la katana – ecco farsi largo un altro gruppo di cattivi che si erano fatti vedere nel corso della serie, i Laboratori Cadmus di Lex Luthor che hanno creato l’esperimento n. 13, ovvero Super Boy, alias Connor. E qui altri problemi per i nostri eroi che dopo la separazione, per colpa delle verità nascoste e poi rivelate dal primo Robin, rimettono insieme la squadra per contrastare un mezzo Super Man fuori controllo e un Beast Boy che non si vede per tutta la serie, fino a quando non viene rapito e assoggettato dalla Cadmus per spargere sangue.

Tutto pare finire bene, anche se Jason Todd, che da sempre nutre del risentimento per il primo Robin – che adesso veste i panni di Nightwing , resta nell’ombra e non si fa vedere. I nemici sono sconfitti e i buoni (che nella stagione hanno dimostrato di avere più di un’ombra e questo è di certo un punto a favore della serie che li ha resi più umani) sono di nuovo insieme, ma ecco che un traliccio cade in mezzo alla folla nel parco divertimenti, che è stato l’ultimo campo di battaglia, e Donna Troy, Wonder Girl, si getta sotto il palo elettrico per sostenerlo, ma ne resta folgorata. Come? Cioè un’amazzone super forte, muore in modo così poco epico? 

Il modo di morire di buoni e cattivi in questa serie è quello che lascia più perplessi, perché proprio in un punto così cruciale gli sceneggiatori paiono dimenticarsi che i loro personaggi hanno dei super poteri?

Poi ci sono tanti altri personaggi, in modo diverso legati ai protagonisti, che compaiono per qualche episodio per poi morire o il più delle volte scomparire quasi senza lasciare traccia, un grande peccato, ma se devi gestire tutti questi personaggi, qualcosa la devi lasciare indietro.

Fine della trama, se l’avete trovata incasinata anche voi è normale. A questo punto parlando di supereroi non possiamo dimenticarci dei costumi. Alcuni sono fatti davvero bene come quello di Robin e di Wonder Girl, anche se forse il più bello è quello di Nightwing, che all’occhio danno davvero la sensazione di essere di materiali fatti per resistere ai colpi e permettere mirabolanti evoluzioni in combattimento, altri come quelli di Dove e Hawk, o come quello di Rose, sembrano dei vestiti di carnevale. Forse il tentativo di rendere visivamente dei dettagli, che pure  nei comic ci sono, hanno reso i costumi troppo ridicoli (in particolare i mantelli degli eroi alati).

Ora gli effetti speciali: nel complesso per essere una serie tv non sono male, anche il fuoco di Starfire e la superforza sembrano più veri che in altri film del genere. Kripto il super cane è ben fatto e nel complesso i suoi movimenti quando attiva i poteri non paiono così finti (se non in alcune scene, tipo quando intercetta un piccolo razzo con le fauci per poi rispedirlo al mittente). Fatto in modo soddisfacente anche Beast Boy, che per la verità trasformato in tigre si vede solo negli ultimi episodi.

La maggior parte degli attori li avevamo conosciuti già nella prima stagione e quindi speravamo che in questa serie riuscissimo a vederli esplorare ancora di più la psiche dei loro personaggi, ma anche se i tentativi ci sono stati, indagare gli animi, e soprattutto il passato, di così tanti personaggi, non sempre è ben riuscito, soprattutto quando si dovevano affrontare i problemi del presente.

Cosa che davvero non ha convinto è stato il continuo soliloquio, in particolare di Dick, che nelle sue fasi, quasi di trance, aveva delle conversazioni con Batman (interpretato qui da Iain Glen, il ser Jorah Mormont di Game of Thrones). Sono stati per la maggior parte noiosi e se l’obiettivo era quello di farci percepire il conflitto interiore dei personaggi non  sempre ci sono riusciti.

Alla fine i Titans sono insieme, ma ridotti in numero, con Donna morta e Raven che va a Themyscira con la salma dell’eroina, convinta di poterla aiutare. Possiamo credere anche in un suo ritorno?

E in chiusura ecco comparire la sorella di Starfire, Blackfire, che giunta dal loro pianeta Tamaran, vuole regolare i conti per la successione al trono. La terza stagione pare già essere confermata e forse potrebbe essere pronta per gennaio 2021. Questa volta la cattiva, è davvero cattiva e le sue ragioni sembrano forti, vedremo che riuscirà a fare per mettere i nostri eroi alle strette.

Lucrezia Melissari

Daily Nerd è un Magazine di cultura Nerd e Geek. Non si tratta semplicemente di riportare notizie, ma di approfondire e riflettere sulla cultura che ci circonda.

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Anime e Manga

Empire Of Shit: il film (italiano) in collaborazione con Shintaro Kago – Intervista al Regista

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Empire Of Shit: È italiano il nuovo film in collaborazione con il mangaka Shintaro Kago, autore di “Principessa del castello senza fine”, “Fraction”, ”Anamorphosys” e tanti altri titoli cult per i fan del genere.

Il regista infatti è Alessio Martino: Salerno, classe ‘2000, laureando in Cinematografia presso l’accademia delle Belle Arti di Napoli.

Questa storia inizia nel 2021, quando Kago e Martino incrociarono le loro strade grazie alla partecipazione di quest’ultimo al Contest Cinematografico Unco Film Festival, in cui il famoso mangaka partecipava in qualità di organizzatore e giudice. Martino presentò allora il suo corto “Brief Clisterization of Ideology”, ambientato in un mondo distopico, con la quale si aggiudicò il secondo posto.

Un anno dopo, nel 2022, Martino partecipò nuovamente al concorso con il film “The Formidable Wave that Destroyed and Recreate the World”, aggiudicandosi questa volta il primo premio: la merda d’oro.

Vi è infatti un tema comune in queste opere: la merda.
Ed è infatti da questa idea, che Martino presentò a Kago nel 2023, che nasce The Empire of Shit.

La trama è apparentemente molto semplice:

Una giovane donna desidera che le sue feci abbiano un profumo gradevole, e il suo desiderio si avvera. Questo scatena la cupidigia del suo fidanzato, che vede un’opportunità di lucro in questa straordinaria qualità, trasformando una situazione intima in un’impresa commerciale bizzarra e surreale. Ci sarà però un’escalation di eventi, che porterà ad un finale inaspettato.
Se tutto ciò vi ha incuriosito: non sentitevi soli, anche noi vorremmo sapere di più su cosa aspettarci, e proprio mossi da questa curiosità, abbiamo intervistato Alessio Martino, il regista di Empire of Shit.

Ciao Alessio, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista, perdonami ma la peculiarità del progetto mi porta a saltare alcune domande di rito e passare direttamente a questa:

alessio-martino-regista-di-empire-of-shit-con-shintaro-kago


Perché la Merda?

Ed è questa la domanda che ogni autore vorrebbe sentirsi porre. Scherzi a parte, sia io che Kago abbiamo molto a cuore il tema della merda perché nessuno gli dà il giusto peso. Che sia una commedia o uno Splatter la merda finisce sempre per essere del grottesco fine a se stesso ma fermandoci a riflettere sopra la materia di scarto ci si può trovare una grande fonte di riflessione.

Qual è il processo creativo dietro le scelte più audaci, sia visivamente che a livello narrativo?

Il divertimento. Quando il progetto è nato c’era una sola idea chiara in ballo: un Gojira fatto di cacca. Questo è uno di quei progetti dove il perno centrale su cui tutta questa macchina deve muoversi è proprio il divertimento. Dai costumi alla recitazione, tutto deve essere motivato dalla voglia di sperimentare e divertirsi su qualcosa che non si prenderà mai abbastanza sul serio… e forse proprio per questo sarà molto più seria di quanto essa stessa crede.

Hai lanciato una campagna indiegogo per finanziare questo progetto: qual è il tuo end-goal?  

Prendere i soldi e scappar… cioè! volevo dire, realizzare un lungometraggio. Anche se sembra un’impresa titanica il goal finale sarebbe quello di poter estendere la durata del film al punto tale da darle un corpo vero, e con esso verrebbero tutte quelle fantastiche chicche in più, come la storia manga prequel disegnata da Kago

Come hai attirato l’attenzione del Maestro Kago?  

Ma, di per sé è stato un evento molto organico. Ero a Lucca Comics per girare un documentario, lui era lì come ospite e gli ho semplicemente chiesto di prenderci una birra insieme (le birre alla fine furono molto più di una). Da lì Kago mi ha dichiarato tutto il suo interesse nel voler dedicarsi da anni ad un progetto cinematografico senza avere però mai il tempo per poterlo fare effettivamente. E da quì è arrivata la mia proposta…

Quanto influisce la presenza del mangaka sulla produzione del film?  

Tantissimo. Sotto ogni aspetto. Il progetto senza di lui non esisterebbe proprio. Tutto l’aspetto visivo della fabbrica, dei mostri (Coff, coff… scusatemi per lo spoiler), della palette cromatica e del taglio narrativo è tutto frutto della sua vena artistica che noi come troupe stiamo concretizzando. 

arte-ufficiale-firmata-shintaro-kago-per-il-film-empire-of-shit

Che emozioni pensi scaturirà il tuo corto nel pubblico?  

Così come ti dicevo riguardo il processo creativo, io spero diverta. Spero davvero che lo spettatore si senta annichilito da tutta la follia che gli verrà tirata addosso e che l’unica cosa sensata che si senta di fare sia ridere. Se poi restassero shockati e traumatizzati al punto tale da volerci denunciare, beh se la vedranno con i legali miei e di Kago!!

Posso avere anche io dei gadget?  

No. Scherzo! Se la campagna supererà il goal base, ci saranno belle sorprese per tutti i donatori, ma non posso dire altro ora.

Ti ringrazio nuovamente per averci dedicato del tempo parlandoci del tuo progetto.  

Ma grazie a te per avermi dedicato il tuo. E come dice la nostra mascotte Mr. Unkoman: “Unko! Unko! Unko!”.

Cari lettori, non sappiamo esattamente cosa aspettarci, ma l’hype c’è, e sicuramente ciò che fa più piacere è vedere un talento emergente nostrano mettersi in gioco.

Potete anche voi finanziare questo progetto tramite la campagna indiegogo!

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Film e Serie TV

Il Padiglione sull’Acqua, un viaggio estetico e poetico nel rapporto tra Carlo Scarpa e il Giappone

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Il documentario Il Padiglione sull’Acqua è un viaggio, estetico e poetico, nell’immaginario
dell’architetto veneziano Carlo Scarpa e nella sua passione per la cultura giapponese.
Il Giappone rappresentò per l’architetto un universo ispirazionale ma fu anche il luogo dove
egli morì, nel 1978, all’apice della sua carriera, ripercorrendo misteriosamente i tragitti del
poeta errante Matsuo Bashō.

Attraverso le impressioni suggerite dal filosofo giapponese Ryosuke Ōhashi, la narrazione si
sviluppa lungo il filo di una domanda, la domanda sul senso della bellezza. La possibilità̀ di
questa riflessione accomuna qui le opere scarpiane e l’estetica tradizionale giapponese.
Venezia, nella veste di porta verso l’Oriente e luogo di nascita di Scarpa, e l’esplorazione
incantata delle sue opere, sono l’occasione per rievocare la poetica ed episodi emblematici
della vita dell’architetto.

Essi sono restituiti attraverso le parole del figlio Tobia, dagli allievi Guido Pietropoli, Giovanni Soccol e Guido Guidi, e dal ricercatore J.K. Mauro Pierconti. Un sentimento di nostalgia colora tutta la narrazione. Una nostalgia per quell’evento raro che è la nascita di un artista. Seppur ora abbia abbandonato questa terra, lascia in dono le sue opere e la meraviglia che esse tuttora suscitano.

Carlo Scarpa il Giappone

Carlo Scarpa amava definirsi «bizantino nel cuore, un europeo che salpa per l’Oriente» e proprio come l’artista veneziano, Stefano Croci e Silvia Siberini viaggiano attraverso le ispirazioni nipponiche che lo hanno guidato nella sua costante ricerca del senso della bellezza.

Per farlo, in Il padiglione sull’acqua si fanno guidare dalle ispirazioni del filosofo Ryōsuke Ōhashi e dalle testimonianze del figlio Tobia Scarpa, degli allievi Guido PietropoliGiovanni Soccol e Guido Guidi, del ricercatore J.K. Mauro Pierconti, degli artigiani Paolo e Francesco Zonon e della maestra di ikebana Shuho Hananofu.

Nel 1978 Carlo Scarpa tornò in Giappone. Nessuno sa con precisione quali fossero i suoi intenti. Il celebre architetto giapponese Arata Izosaki ha ipotizzato che stesse ripercorrendo le stesse tappe del poeta errante Matsuo Bashō, riportate nel diario di viaggio Lo stretto sentiero verso il profondo nord, ma purtroppo morì a seguito di una tragica caduta e non raggiunse mai la meta anelata.

Lasciò incompiute delle opere, che lo resero ancora più celebre, come il Memoriale Brion a San Vito di Altivole in provincia di Treviso, scelto anche da Denis Villeneuve tra le location del prossimo capitolo di Dune.

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Film e Serie TV

Constellation: svelato il trailer del nuovo thriller psicologico con Noomi Rapace e Jonathan Banks

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Apple TV+ ha svelato il trailer di “Constellation”, il nuovo thriller psicologico composto da otto episodi intepretato da Noomi Rapace (“Millennium – Uomini che odiano le donne”, “Non sarai sola”, “Lamb”, “Seven Sisters”) e dal candidato all’Emmy Jonathan Banks (“Breaking Bad”, “Better Call Saul”). La serie farà il suo debutto su Apple TV+ il 21 febbraio con i primi tre episodi seguiti da un episodio a settimana, fino al 27 marzo.

Creata e scritta da Peter Harness (“Il commissario Wallander”, “The War of the Worlds”), “Constellation” ha come protagonista Noomi Rapace nel ruolo di Jo, un’astronauta che torna sulla Terra dopo un disastro nello spazio e scopre che alcuni pezzi fondamentali della sua vita sembrano essere scomparsi. La serie è un’avventura spaziale ricca di azione che esplora i lati più oscuri della psicologia umana e segue la disperata ricerca di una donna nel tentativo di svelare la verità sulla storia dei viaggi spaziali e di recuperare tutto ciò che ha perso.

Cast Constellation

Nel cast della serie figurano anche James D’Arcy (“Agent Carter”, “Oppenheimer”), Julian Looman (“Emily in Paris”, “Mallorca Crime”), William Catlett (“A Thousand and One”, “Coppia diabolica”), Barbara Sukowa (“Passioni violente”, “Hannah Arendt”) e con la partecipazione di Rosie e Davina Coleman nel ruolo di Alice. Diretta dalla vincitrice del premio Emmy Michelle MacLaren (“Shining Girls”, “The Morning Show”, “Breaking Bad”), dal candidato all’Oscar® Oliver Hirschbiegel (“La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler”, “The Experiment – Cercasi cavie umane”) e dal candidato all’Oscar® Joseph Cedar (“Footnote”, “Our Boys”).

Produzione

Prodotta da Turbine Studios e Haut et Court TV, “Constellation” è prodotta esecutivamente da David Tanner (“Small Axe”), Tracey Scoffield (“Small Axe”), Caroline Benjo (“No Man’s Land”), Simon Arnal (“No Man’s Land”), Carole Scotta (“No Man’s Land”) e Justin Thomson (“Liaison”). MacLaren dirige i primi due episodi ed è produttrice esecutiva insieme a Rebecca Hobbs (“Shining Girls”) e al co-produttore esecutivo Jahan Lopes per conto della MacLaren Entertainment. Harness è produttore esecutivo attraverso la Haunted Barn Ltd. La serie è stata girata principalmente in Germania ed è stata prodotta da Daniel Hetzer (“Monaco – Sull’orlo della guerra”) per Turbine Studios, Germania.

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