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Film e Serie TV

Intervista a Massimiliano Caiazzo, l’esperienza da dietro le quinte

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I cinema sono stati chiusi e come loro anche i teatri. Per il mondo dello spettacolo sembra non ci siano molte nuove positive. Ma come vivono la situazione le persone per cui cinema e teatri sono un vero e proprio posto di lavoro? Per saperne di più abbiamo intervistato Massimiliano Caiazzo, attore emergente che ha sbalordito tutti con la serie Mare Fuori andata in onda Rai2.

Iniziamo con le presentazioni: Massimiliano, come hai iniziato a recitare?

Fin da piccolino, quando guardavo i film e cartoni, mi veniva detto che questa roba non era reale, e a me questa cosa non stava bene. Non volevo credere che non potesse esistere un Gandalf, uno Spiderman, un Harry Potter, un Goku: non mi stava bene. Quindi crescendo mi divertivo a ripetere, nella mia cameretta, le scene dei film che guardavo. Soltanto dopo ho capito che esisteva il mestiere dell’attore in cui puoi vivere qualsiasi cosa.

Ho cercato una scuola dove apprendere questo mestiere. La primissima esperienza fu con l’oratorio della mia città, subito dopo ho conosciuto Gianfelice Imparato che mi ha dati i primi rudimenti. Combattendo in dinamiche familiari non positive, sono riuscito a recarmi a Roma: il primo anno ho appreso la tecnica Chubbuck e scritto il mio primo spettacolo, Diario di un bambino cresciuto. Sono entrato in un’agenzia, ho preso una borsa di studio e sono entrato in un’altra scuola, il Duse International.

L’anno successivo è stato veramente difficile: studiavo e lavoravo portando pizze come fattorino, ma poi ho fatto il provino per Mare Fuori e sono stato preso. La serie mi ha portato enormi soddisfazioni: il premio kineo giovane rivelazione a Venezia, Premio talento campano al Giffoni Film Festival… mi ha fatto crescere tanto ed adesso continuo a studiare per poter accedere ad altri ruoli.

Parliamo un attimo di Mare fuori: cosa significa girare un prodotto seriale?

Per quello che sono i miei strumenti proverò a risponderti. Girare una serialità è molto complicato: hai più tempo per raccontare le vicende del personaggio ma allo stesso modo è molto più difficile mantenere la concentrazione per 18 settimane.

Ho avuto 2 settimane per studiare 12 fascicoli di sceneggiatura, così mi sono rimboccato le maniche.

Il tuo personaggio, Carmine, come ti sei approcciato al ruolo?

Parlando del mio personaggio, reputo Carmine un piccolo Amleto, immerso in un contesto marcio come la Danimarca. Una voce fuori dal coro, si troverà spesso di fronte a scelte difficili, tuttavia avrà dalla sua parte sia una grande sensibilità che la capacità di sognare, capacità che lo tengono in vita, a galla per andare avanti.

Cosa ti ha portato questa serie?

Inevitabilmente una scossa emotiva ogni volta che andava in onda. Anche tanta soddisfazione perché è stato riconosciuto dalla critica e dagli addetti ai lavori. Dal punto di vista umano, il pubblico è stato caloroso ed intelligente da capire ed empatizzare con i personaggi.

Rivedermi mi ha permesso di capire i miei difetti, i miei lati da migliorare ed ora mi alleno su quegli aspetti.

Mare fuori era pronto già da tempo, ma è uscito diversi mesi dopo, ti va di parlarne?

Era pronto proprio all’inizio del periodo di Covid, mancavano le ultime accortezze di postproduzione. A causa del Lockdown non è stato possibile ultimarle, così, invece di “spaccare” la serie dividendola in due parti si è preferito dare tutto “il pacchetto” successivamente, cavalcando l’onda di alcuni festival che nel frattempo ci sono stati.

Quindi avevi la serie praticamente pronta che è uscita dopo: da attore come hai vissuto questa posticipazione?

Ho cercato di prendere il lato positivo dalla cosa. Ovvio che, dando un’occhiata al contesto sociale, mi sembrava di vivere un film. Prima dicevo che peccato che la vita non sia un film, ed invece è stato così! Quindi ho cercato di viverla serenamente, mi sono convinto che anche se ci voleva più tempo era meglio.

Ho preso questo tempo per lavorare su me stesso: per scrivere, leggere, guardare film, ed è stato molto triste un pochino vedere l’atteggiamento nei confronti di questo settore. Abbiamo avuto un solo caso di contagio, forse due, nei cinema, e la prima cosa che chiudono sono cinema e teatri.
Non ci si è resi conto che il lockdown è stato un po’ più lieve proprio grazie al lavoro che noi attori facciamo.

Forte di questa convinzione ho cercato di usarla come motore creativo, uscendo solo con Pablo, il mio cane, godendomi quel surreale silenzio.

Prima parlavi dei teatri. Quest’estate potevano riaprire solo tramite severe restrizioni e purtroppo molti teatri storici italiani non hanno potuto riaprire poiché sarebbero falliti per i costi elevati. Cosa ne pensi? Pensi che a livello culturale ci sarà una ripercussione?

Sinceramente penso che già prima del lockdown ci fosse una crisi del teatro, una povertà di spettacoli e di interesse a portare determinati contenuti a teatro ma soprattutto un disinteresse ad andarci come pubblico.

Purtroppo sento poche volte dire a ragazzi Oggi me ne vado a teatro! ed è una realtà secondo me triste. Quindi penso che il lockdown sia stato solo la ciliegina su una torta che si accumulava da tempo. Mettendoci nei panni di questi direttori artistici, giustamente che dovevano fare? Però chi ci perde siamo noi…

In questo momento vorrei essere positivo e pensare a questa situazione come ad un momento negativo al quale succederà una rinascita. Un’apertura mentale dopo questi periodi repressivi, capace di svegliare tutti e innovare creativamente il mondo artistico.

Per quanto riguarda i set cinematografici, purtroppo, per il rispetto delle attuali norme alcuni sono costretti a chiudere, ma quante persone rimangono a casa? Quanti lavoratori ci sono dietro una produzione?

Il cinema, come anche il teatro, non è fatto solo di attori, ma di tantissimi professionisti esperti nel loro campo che concorrono alla realizzazione di una produzione. Gli addetti ai lavori, produttori, cameraman, microfonisti, ecc. erano i primi a venire la mattina sul set di Mare Fuori e gli ultimi ad andarsene, dimostrando una grandissima professionalità. E come loro ci sono moltissime figure che lavorano dietro le quinte.

Quello che si vede in Tv, come in Mare Fuori, è solo la punta dell’iceberg, ma sotto c’è un’industria gigantesca che abbraccia diversi campi. E anche il prodotto finale, la punta dell’iceberg, a sua volta coinvolge altri settori come il giornalismo. Per non parlare dell’impatto a livello socio-culturale.

Da quello che so ci sono anche alcuni set indipendenti, piuttosto che opere prime che stanno andando avanti. Il cinema, penso, sta scaldando i motori per poter rombare poi quando finirà tutto questo. Al momento però non ci sono aiuti in questo frangente, per questo molti lavoratori del mondo dello spettacolo sono scesi in piazza a protestare.

Queste sono le condizioni in cui vertono teatri e cinema, ma gli attori? Tu come hai vissuto e vivi questo periodo? Ti ha impensierito non fare provini? Come hanno influito a livello creativo ed anche economico questi ultimi mesi?

Su tutti e due i fronti ha influito a suo modo.

A livello creativo un po’ più positivamente. C’è stato un momento in cui tutto si è fermato: ci siamo e mi sono rallentato ponendomi anche delle domande. Dobbiamo sembra parlare con qualcuno o fare qualcosa, ed invece, fermandosi, le domande spingono al ragionamento e quindi ad una consapevolezza e maturazione di sé.

Dal punto di vista lavorativo mi ha impensierito, più che altro perché non si sapeva quando si sarebbe potuto tornare sui set. Io mi reputo uno dei miracolati che ha fatto provini, ma c’è chi non ha fatto casting perché magari progetti e produzioni non sono riusciti a partire. L’unico modo che ho avuto per sfruttare quest’impotenza è stato di studiare, leggere molto per prepararmi ed essere carico e pronto poi.

Poi tornare a respirare, tornare al museo, per esempio a fare una scena con un tuo amico per self tape da mandare, è stato bello ed è stato come farlo per la prima volta, riscoprire la vita che c’era. Vediamo come si evolverà il tutto.

Parlando di musei, non è l’unico ambiente in cui hai fatto visita finito il lockdown. Sei stato allo zoo per prepararti. Ti va di parlarcene?

Sì, ci sono tornato… mi mancava e mi intenerisco a pensare a quegli animali in gabbia com’eravamo in gabbia anche noi nel lockdown. Proprio perché mi piacciono mi dispiace vederli così.

Penso che dagli inizi dei tempi l’uomo ha sempre cercato di ispirarsi a loro e quindi trovo sempre un qualcosa di nuovo nei loro comportamenti che puoi riportare nella vita ed anche nei personaggi.

Adesso mi sono un po’ intenerito…

Mi ricordo che c’era una tigre che non vedeva gente da molto tempo e quando sono passato ha iniziato a sfilare quasi davanti allo specchio!

Un bel momento…

Sì senza dubbio.

Ti ringrazio del tempo concessoci, e speriamo di vederti presto in altri progetti.

Speriamo un saluto a tutti!


Se non avete ancora visto la serie Mare Fuori, in cui Massimiliano Caiazzo interpreta Carmine, potete recuperarla su RaiPlay a questo LINK.

Mare Fuori: la trama

L’Istituto di Pena Minorile di Napoli è a picco sul mare e ospita settanta detenuti: 50 maschi e 20 femmine. Quando entrano i ragazzi hanno sempre meno di 18 anni e lo fanno perché hanno “sbagliato”. Questa serie racconta le loro storie.

Alla regia troviamo Carmine Elia, mentre nel cast, oltre a Massimiliano Caiazzo, Carolina Crescentini, Carmine Recano, Valentina Romani, Nicolas Maupas, Giacomo Giorgio, Ar Tem, Vincenzo Ferrera, Antonio Orefice e Anna Ammirati

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Anime e Manga

Empire Of Shit: il film (italiano) in collaborazione con Shintaro Kago – Intervista al Regista

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Empire Of Shit: È italiano il nuovo film in collaborazione con il mangaka Shintaro Kago, autore di “Principessa del castello senza fine”, “Fraction”, ”Anamorphosys” e tanti altri titoli cult per i fan del genere.

Il regista infatti è Alessio Martino: Salerno, classe ‘2000, laureando in Cinematografia presso l’accademia delle Belle Arti di Napoli.

Questa storia inizia nel 2021, quando Kago e Martino incrociarono le loro strade grazie alla partecipazione di quest’ultimo al Contest Cinematografico Unco Film Festival, in cui il famoso mangaka partecipava in qualità di organizzatore e giudice. Martino presentò allora il suo corto “Brief Clisterization of Ideology”, ambientato in un mondo distopico, con la quale si aggiudicò il secondo posto.

Un anno dopo, nel 2022, Martino partecipò nuovamente al concorso con il film “The Formidable Wave that Destroyed and Recreate the World”, aggiudicandosi questa volta il primo premio: la merda d’oro.

Vi è infatti un tema comune in queste opere: la merda.
Ed è infatti da questa idea, che Martino presentò a Kago nel 2023, che nasce The Empire of Shit.

La trama è apparentemente molto semplice:

Una giovane donna desidera che le sue feci abbiano un profumo gradevole, e il suo desiderio si avvera. Questo scatena la cupidigia del suo fidanzato, che vede un’opportunità di lucro in questa straordinaria qualità, trasformando una situazione intima in un’impresa commerciale bizzarra e surreale. Ci sarà però un’escalation di eventi, che porterà ad un finale inaspettato.
Se tutto ciò vi ha incuriosito: non sentitevi soli, anche noi vorremmo sapere di più su cosa aspettarci, e proprio mossi da questa curiosità, abbiamo intervistato Alessio Martino, il regista di Empire of Shit.

Ciao Alessio, innanzitutto grazie per averci concesso questa intervista, perdonami ma la peculiarità del progetto mi porta a saltare alcune domande di rito e passare direttamente a questa:

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Perché la Merda?

Ed è questa la domanda che ogni autore vorrebbe sentirsi porre. Scherzi a parte, sia io che Kago abbiamo molto a cuore il tema della merda perché nessuno gli dà il giusto peso. Che sia una commedia o uno Splatter la merda finisce sempre per essere del grottesco fine a se stesso ma fermandoci a riflettere sopra la materia di scarto ci si può trovare una grande fonte di riflessione.

Qual è il processo creativo dietro le scelte più audaci, sia visivamente che a livello narrativo?

Il divertimento. Quando il progetto è nato c’era una sola idea chiara in ballo: un Gojira fatto di cacca. Questo è uno di quei progetti dove il perno centrale su cui tutta questa macchina deve muoversi è proprio il divertimento. Dai costumi alla recitazione, tutto deve essere motivato dalla voglia di sperimentare e divertirsi su qualcosa che non si prenderà mai abbastanza sul serio… e forse proprio per questo sarà molto più seria di quanto essa stessa crede.

Hai lanciato una campagna indiegogo per finanziare questo progetto: qual è il tuo end-goal?  

Prendere i soldi e scappar… cioè! volevo dire, realizzare un lungometraggio. Anche se sembra un’impresa titanica il goal finale sarebbe quello di poter estendere la durata del film al punto tale da darle un corpo vero, e con esso verrebbero tutte quelle fantastiche chicche in più, come la storia manga prequel disegnata da Kago

Come hai attirato l’attenzione del Maestro Kago?  

Ma, di per sé è stato un evento molto organico. Ero a Lucca Comics per girare un documentario, lui era lì come ospite e gli ho semplicemente chiesto di prenderci una birra insieme (le birre alla fine furono molto più di una). Da lì Kago mi ha dichiarato tutto il suo interesse nel voler dedicarsi da anni ad un progetto cinematografico senza avere però mai il tempo per poterlo fare effettivamente. E da quì è arrivata la mia proposta…

Quanto influisce la presenza del mangaka sulla produzione del film?  

Tantissimo. Sotto ogni aspetto. Il progetto senza di lui non esisterebbe proprio. Tutto l’aspetto visivo della fabbrica, dei mostri (Coff, coff… scusatemi per lo spoiler), della palette cromatica e del taglio narrativo è tutto frutto della sua vena artistica che noi come troupe stiamo concretizzando. 

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Che emozioni pensi scaturirà il tuo corto nel pubblico?  

Così come ti dicevo riguardo il processo creativo, io spero diverta. Spero davvero che lo spettatore si senta annichilito da tutta la follia che gli verrà tirata addosso e che l’unica cosa sensata che si senta di fare sia ridere. Se poi restassero shockati e traumatizzati al punto tale da volerci denunciare, beh se la vedranno con i legali miei e di Kago!!

Posso avere anche io dei gadget?  

No. Scherzo! Se la campagna supererà il goal base, ci saranno belle sorprese per tutti i donatori, ma non posso dire altro ora.

Ti ringrazio nuovamente per averci dedicato del tempo parlandoci del tuo progetto.  

Ma grazie a te per avermi dedicato il tuo. E come dice la nostra mascotte Mr. Unkoman: “Unko! Unko! Unko!”.

Cari lettori, non sappiamo esattamente cosa aspettarci, ma l’hype c’è, e sicuramente ciò che fa più piacere è vedere un talento emergente nostrano mettersi in gioco.

Potete anche voi finanziare questo progetto tramite la campagna indiegogo!

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Film e Serie TV

Il Padiglione sull’Acqua, un viaggio estetico e poetico nel rapporto tra Carlo Scarpa e il Giappone

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Il documentario Il Padiglione sull’Acqua è un viaggio, estetico e poetico, nell’immaginario
dell’architetto veneziano Carlo Scarpa e nella sua passione per la cultura giapponese.
Il Giappone rappresentò per l’architetto un universo ispirazionale ma fu anche il luogo dove
egli morì, nel 1978, all’apice della sua carriera, ripercorrendo misteriosamente i tragitti del
poeta errante Matsuo Bashō.

Attraverso le impressioni suggerite dal filosofo giapponese Ryosuke Ōhashi, la narrazione si
sviluppa lungo il filo di una domanda, la domanda sul senso della bellezza. La possibilità̀ di
questa riflessione accomuna qui le opere scarpiane e l’estetica tradizionale giapponese.
Venezia, nella veste di porta verso l’Oriente e luogo di nascita di Scarpa, e l’esplorazione
incantata delle sue opere, sono l’occasione per rievocare la poetica ed episodi emblematici
della vita dell’architetto.

Essi sono restituiti attraverso le parole del figlio Tobia, dagli allievi Guido Pietropoli, Giovanni Soccol e Guido Guidi, e dal ricercatore J.K. Mauro Pierconti. Un sentimento di nostalgia colora tutta la narrazione. Una nostalgia per quell’evento raro che è la nascita di un artista. Seppur ora abbia abbandonato questa terra, lascia in dono le sue opere e la meraviglia che esse tuttora suscitano.

Carlo Scarpa il Giappone

Carlo Scarpa amava definirsi «bizantino nel cuore, un europeo che salpa per l’Oriente» e proprio come l’artista veneziano, Stefano Croci e Silvia Siberini viaggiano attraverso le ispirazioni nipponiche che lo hanno guidato nella sua costante ricerca del senso della bellezza.

Per farlo, in Il padiglione sull’acqua si fanno guidare dalle ispirazioni del filosofo Ryōsuke Ōhashi e dalle testimonianze del figlio Tobia Scarpa, degli allievi Guido PietropoliGiovanni Soccol e Guido Guidi, del ricercatore J.K. Mauro Pierconti, degli artigiani Paolo e Francesco Zonon e della maestra di ikebana Shuho Hananofu.

Nel 1978 Carlo Scarpa tornò in Giappone. Nessuno sa con precisione quali fossero i suoi intenti. Il celebre architetto giapponese Arata Izosaki ha ipotizzato che stesse ripercorrendo le stesse tappe del poeta errante Matsuo Bashō, riportate nel diario di viaggio Lo stretto sentiero verso il profondo nord, ma purtroppo morì a seguito di una tragica caduta e non raggiunse mai la meta anelata.

Lasciò incompiute delle opere, che lo resero ancora più celebre, come il Memoriale Brion a San Vito di Altivole in provincia di Treviso, scelto anche da Denis Villeneuve tra le location del prossimo capitolo di Dune.

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Film e Serie TV

Constellation: svelato il trailer del nuovo thriller psicologico con Noomi Rapace e Jonathan Banks

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Apple TV+ ha svelato il trailer di “Constellation”, il nuovo thriller psicologico composto da otto episodi intepretato da Noomi Rapace (“Millennium – Uomini che odiano le donne”, “Non sarai sola”, “Lamb”, “Seven Sisters”) e dal candidato all’Emmy Jonathan Banks (“Breaking Bad”, “Better Call Saul”). La serie farà il suo debutto su Apple TV+ il 21 febbraio con i primi tre episodi seguiti da un episodio a settimana, fino al 27 marzo.

Creata e scritta da Peter Harness (“Il commissario Wallander”, “The War of the Worlds”), “Constellation” ha come protagonista Noomi Rapace nel ruolo di Jo, un’astronauta che torna sulla Terra dopo un disastro nello spazio e scopre che alcuni pezzi fondamentali della sua vita sembrano essere scomparsi. La serie è un’avventura spaziale ricca di azione che esplora i lati più oscuri della psicologia umana e segue la disperata ricerca di una donna nel tentativo di svelare la verità sulla storia dei viaggi spaziali e di recuperare tutto ciò che ha perso.

Cast Constellation

Nel cast della serie figurano anche James D’Arcy (“Agent Carter”, “Oppenheimer”), Julian Looman (“Emily in Paris”, “Mallorca Crime”), William Catlett (“A Thousand and One”, “Coppia diabolica”), Barbara Sukowa (“Passioni violente”, “Hannah Arendt”) e con la partecipazione di Rosie e Davina Coleman nel ruolo di Alice. Diretta dalla vincitrice del premio Emmy Michelle MacLaren (“Shining Girls”, “The Morning Show”, “Breaking Bad”), dal candidato all’Oscar® Oliver Hirschbiegel (“La caduta – Gli ultimi giorni di Hitler”, “The Experiment – Cercasi cavie umane”) e dal candidato all’Oscar® Joseph Cedar (“Footnote”, “Our Boys”).

Produzione

Prodotta da Turbine Studios e Haut et Court TV, “Constellation” è prodotta esecutivamente da David Tanner (“Small Axe”), Tracey Scoffield (“Small Axe”), Caroline Benjo (“No Man’s Land”), Simon Arnal (“No Man’s Land”), Carole Scotta (“No Man’s Land”) e Justin Thomson (“Liaison”). MacLaren dirige i primi due episodi ed è produttrice esecutiva insieme a Rebecca Hobbs (“Shining Girls”) e al co-produttore esecutivo Jahan Lopes per conto della MacLaren Entertainment. Harness è produttore esecutivo attraverso la Haunted Barn Ltd. La serie è stata girata principalmente in Germania ed è stata prodotta da Daniel Hetzer (“Monaco – Sull’orlo della guerra”) per Turbine Studios, Germania.

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